Il digitale porta nuovi cambiamenti nel loyalty marketing

La 14ª edizione del convegno dell’Osservatorio Fedeltà dell’Università di Parma, realizzata con il sostegno di Promotion Magazine, Brand Loyalty, Catalina e Payback, è stata l’occasione per analizzare le profonde trasformazioni che stanno attraversando il mondo del loyalty marketing.

Innanzitutto, l’indagine condotta dall’Osservatorio sul panel on line Nielsen ha tracciato una fotografia, attesa da tempo, della diffusione dei programmi di fidelizzazione in Italia. Nel nostro paese la situazione di maturità dei loyalty program nel campo della distribuzione alimentare (dove il 77% degli italiani dai 14 anni in su partecipa a un programma) si contrappone a un notevole ritardo per tutti gli altri settori. Il secondo settore dove è presente la loyalty è quello delle benzine, dove solo il 27% degli italiani partecipa; per non parlare di librerie, elettronica, profumerie e abbigliamento, dove poco più di un italiano su 10 è coinvolto in attività di fidelizzazione. Se da un lato quindi abbiamo spesso parlato di maturità del loyalty marketing, dobbiamo di fronte a questa evidenza circoscrivere l’affermazione al solo settore grocery. Qui il 75% del fatturato della gdo passa attraverso la carta fedeltà e un’altra fonte informativa Nielsen, il panel consumer, che traccia specificamente le famiglie italiane che fanno spesa abitualmente in supermercati e ipermercati, conferma che il 90% delle famiglie in questione utilizza abitualmente addirittura 2,4 carte.

Come spiegare il ritardo degli altri settori? Senz’altro la frammentazione del nostro sistema distributivo, che presenta una minore diffusione rispetto ad altri paesi di catene di grandi dimensioni e su scala nazionale, può giustificare in parte la situazione; tuttavia, oggi che le iniziative di loyalty sono alla portata anche di imprese di piccole e medie dimensioni, da sole o tramite approcci di tipo coalition a vari livelli, si può concludere che vi è tanto terreno di sviluppo. Si noti che le ultime arrivate in termini temporali, ovvero le farmacie, si sono rapidamente attestate al pari degli altri settori, quanto a penetrazione nelle abitudini di loyalty degli italiani.

Per le imprese che vorranno cogliere questa opportunità e ricavarsi uno spazio in un terreno ancora poco affollato, i tempi sono propizi. Tutto lo scenario della promozione si sta trasformando, grazie all’apporto delle innovazioni provenienti dal mondo delle app, dei pagamenti, del gaming e del couponing. Queste quattro industry sono accomunate dal vendere “information goods”, ovvero servizi digitali, e per tale ragione si evolvono di pari passo con la information revolution che sta trasformando la società negli ultimi decenni. Non solo: trattandosi di beni digitali, i player di un settore possono agevolmente entrare a competere negli altri, provocando una convergenza. L’esempio più calzante è quello dei wallet: le aziende che sviluppano wallet competono contemporaneamente nell’ambito dei pagamenti, della promozione di prezzo (con il couponing) e della loyalty. Abbiamo già avuto modo di attirare l’attenzione del lettore sul caso di Starbucks, che ha sviluppato il wallet dandogli una forte connotazione di marca ed esperienziale, tanto che si parla di “branded currency”, mezzo di pagamento del brand. E una volta che si è messo nelle mani del consumatore uno strumento di pagamento, di convenienza, d’identificazione e di ricezione di comunicazione personalizzata, si ha un potente veicolo di fidelizzazione, attraverso il quale allargare l’offerta di servizi. Non a caso nei prossimi mesi Starbucks lancerà il mobile order and pay, che consentirà ai clienti dotati della loyalty app di ordinare prima e ritirare in un punto di vendita avendo già pagato con il wallet. E che dire di Apple, che pare stia sviluppando un loyalty program legato a iTunes (che vanta un database di 800 milioni di utenti registrati)? Il programma darà vantaggi per chi pagherà con l’iPhone o l’iWatch invece che con carte di credito fisiche. Il digitale porterà anche alleanze tra gli operatori dei quattro settori citati e gli operatori di ecommerce. In particolare, voglio attirare l’attenzione su una nuova categoria di player nell’arena del loyalty marketing: i subscription based service. Gli abbonamenti sono tra gli strumenti fidelizzanti più antichi e classici, giacché realizzano un vero e proprio lock-in del cliente, che paga in anticipo – di solito con vantaggi in termini di costo – l’erogazione di un servizio ripetuta nel tempo. Oggi questo approccio, che sostiene le vendite nel tempo garantendo flussi regolari di cassa, assume due forme: il club, ovvero l’abbonamento al rifornimento ripetuto e a prezzo scontato di beni standardizzati e ad acquisto routinario, come pannolini o cibo per animali; il paid curated subscription model, ovvero l’abbonamento alla fornitura di prodotti di nicchia e/o selezionati attentamente dal fornitore sulla base di un sofisticato uso dei dati di profilo e preferenza dei clienti.

Il digitale abilita quindi numerosi cambiamenti nell’approccio alla loyalty. I più impattanti riguardano l’ingresso di nuovi player, come quelli descritti sopra e altri ancora. Ma anche per quanto riguarda gli operatori e i programmi esistenti, la digitalizzazione apre nuove possibilità. In particolare, le nuove frontiere sono legate a due aspetti della rivoluzione digitale: la disponibilità di nuove tipologie di dati e l’introduzione di nuovi smart device indossabili.

La disponibilità di dati sul cliente rende possibile l’evoluzione del loyalty program in varie direzioni.

Personalizzazione. La digital presence dei programmi loyalty si estende, in molti casi sostituendo la physical presence e portando con sé la personalizzazione della comunicazione, delle reward, dei vantaggi per il cliente. Tre esempi recenti: Boots, nel Regno Unito, nel settore del drugstore, ha introdotto l’app per il couponing personalizzato al fine di sostituire l’invio dei buoni acquisto cartacei, di grande successo presso la clientela; Safeway ha lanciato la piattaforma “Just for U”, vero e proprio “centro personalizzazione” per il cliente fidelizzato che, fatto il login con il numero di carta fedeltà, accede a coupon, offerte di gruppo e proposte di prodotti non presenti in assortimento, tutti scelti sulla base delle proprie preferenze registrate in database; infine Cvs, nel settore farmacie, propone il volantino digitale personalizzato a ciascun cliente. In copertina appaiono i prodotti di maggiore interesse per il cliente sulla base della storia degli acquisti, nelle pagine successive tutte le altre offerte. Si sfrutta così una modalità di consultazione delle offerte familiare al cliente e consolidata nelle sue abitudini, aumentandone però il valore attraverso la personalizzazione. Appare quindi evidente che le aziende stanno acquistando confidenza crescente con i propri asset digitali e soprattutto riescono a trasferirvi sempre di più le attività di loyalty. Sarebbe interessante verificare quanta strada hanno compiuto in tal senso le aziende italiane negli ultimi cinque anni. Infatti, l’ultima ricerca del nostro Osservatorio sulla digital presence del programma loyalty condotta nel 2009 dipingeva una situazione in cui l’on line supportava il programma loyalty quasi esclusivamente fornendo informazioni statiche al riguardo, senza servizi a valore aggiunto e/o personalizzati. Si pensi che costituivano solo il 5% i loyalty program che permettevano la prenotazione on line dei premi per esempio, il 22% quelli che consentivano il controllo on line del saldo; solo la metà permetteva la registrazione al sito.

Gamification. Sono diversi anni che si parla di gamification. È importante ricordare che non si tratta di rendere “divertente” un programma o di far giocare il cliente. La gamification è l’uso di tecniche motivazionali tipiche del design dei videogame dove si devono stimolare i giocatori, per trasporle in contesti non di gioco. Oggi tali tecniche (assegnare obiettivi, far salire di livello, assegnare riconoscimenti, fare confronti con altri giocatori, dare feedback in tempo reale, rendere trasparenti i risultati di un giocatore agli altri ecc.), che in sé non hanno nulla di nuovo, diventano però molto efficaci, perché on line si possono personalizzare. Ogni partecipante al programma può ricevere obiettivi, comunicazioni, feedback, confronti personalizzati. E in questo modo la gamification, essendo basata sui dati di clienti, diventa rilevante ed efficace.

Veniamo ora al secondo fenomeno digitale, quello dei nuovi device. Non stiamo certo parlando di smartphone e tablet, ma delle emergenti tecnologie dei device indossabili, sotto forma di braccialetti con microchip per abilitare il riconoscimento e il pagamento da parte di chi li indossa, per esempio in luoghi o eventi, oppure di strumenti per il monitoraggio dell’attività sportiva o dei parametri legati alla salute (battito cardiaco, ossigeno nel sangue ecc). Walgreens Steps, programma della catena americana di farmacie Walgreens, ha più di 1,3 milioni di iscritti attivi che tracciano la propria attività fisica e guadagnano punti per acquisti salutistici fatti con la carta Balance Rewards. Anche Alfa Bank ha legato il proprio programma di reward all’attività fisica dei clienti, facendo leva sul tema “la salute è la vera ricchezza”.

Questi wareable device, integrati nelle attività del brand e di loyalty tramite app, hanno il pregio di poter allargare il reach dei programmi fedeltà. Essi infatti raggiungono nuovi target di clienti, li raggiungono in nuovi momenti della loro vita/giornata, inclusi momenti di grande significato come la partecipazione a eventi o la visita a luoghi significativi (si pensi a concerti e parchi a tema), consentono di allacciare un rapporto con clienti o potenziali clienti intercettati per periodi ristretti di tempo o in zone geografiche dove il brand non è presente. Si pensi ancora a concerti oppure a pop up store.

Idc stima che nel 2018 si venderanno 112 milioni di questi device in tutto il mondo. Si tratta di strumenti emergenti; assisteremo a molte sperimentazioni e molti lanci, diversi cercheranno di diventare “lo standard”, ma senz’altro sono qui per entrare nelle nostre abitudini. Probabilmente anche di loyalty.

*Osservatorio Fedeltà Università di Parma

Cristina Ziliani

È professore ordinario di Marketing all'Università di Parma, dove insegna Loyalty marketing e Customer relationship management. Dal 1999 è responsabile dell’Osservatorio Fedeltà dell'Università di Parma. È autrice di oltre 60 articoli scientifici e 5 libri sui temi del loyalty marketing e data driven marketing. Nel 2020 ha pubblicato con il collega Marco Ieva, per l'editore internazionale Routledge "Loyalty Management: from Loyalty Programs to Omnichannel Customer Experiences". www.osservatoriofedelta.it