Si è andato sempre più sostituendo l’espressione “data driven” alla parola “direct” tra chi storicamente si occupa di direct marketing, ma non tutti se ne sono accorti, e soprattutto occorre ragionare in dettaglio se si tratta di un’operazione cosmetica, nell’ottica di seguire i trend del momento (uno su tutti è quello dei big data) o di un vero cambiamento, culturale e nei modelli di business. Tradizionalmente il direct marketing raccoglie quell’insieme di strumenti e leve molto spesso concepiti come tattici e volti a generare un direct response ovvero a stimolare direttamente un’azione da parte del cliente o prospect, nella maggior parte dei casi legata a un acquisto o a un’interazione volta per lo meno alla lead generation. Questa definizione e approccio seguiva un po’ i retaggi storici della separazione tra above the line e below the line tra i mezzi e le iniziative di marketing e comunicazione in una logica in cui il ben noto funnel di marketing era la linea guida chiave per definire obiettivi, strumenti e meccaniche. Nell’era del consumatore multicanale si è più volte evidenziato la crisi del funnel nell’ottica di customer journey sempre più complessi e articolati nonché la ridefinizione del ruolo dei punti di contatto sempre più despecializzati, con la definitiva messa in discussione dell’arcaica separazione tra atl e btl nelle leve di comunicazione verso un approccio olistico e laico ai punti di contatto nonché alle meccaniche di stimolazione degli individui in logica multicanale e cross canale. Di conseguenza emerge a gran voce la necessità di utilizzare un approccio data driven a supporto delle iniziative di marketing e comunicazione multicanale indipendentemente dall’utilizzo di leve storicamente volte al direct response rispetto a quelle più volte a generare awareness e consideration. L’approccio data driven in logica multicanale porta alla completa negazione del concetto di target, da sostituire con quello innovativo dei “dynamic personas”, in cui l’individuo viene analizzato nella sua interezza a 360° (abolendo l’uso comune di separare i target di consumo dai target media) e soprattutto rendendo la profilazione dinamica, sia perché nei molteplici contesti di vita l’individuo ha motivazioni diverse e quindi diversi livelli potenziali di attenzione e di coinvolgimento sia perché nei molteplici punti di contatto l’individuo manifesta diverse “maschere” di sé stesso a seconda di fattori contingenti. Inoltre, le informazioni che l’individuo può lasciare in ogni interazione sono fonte di alimentazione continua del suo profilo, in una sorta di segmentazione dinamica e comportamentale che tanto più si potenzia quanto più l’individuo interagisce lungo i punti di contatto con la marca. Non basta tuttavia una chiara profilazione delle dynamic personas, ma serve essere in grado di progettare nuove forme di creatività fortemente data driven, in cui contenuto, contesto e canale convivano sprigionando un’energia nuova, creativa che superi classiche logiche di declinazione sui mezzi. Affinché il data driven marketing non rimanga uno slogan, ma diventi un approccio strategico, serve quindi guardare al consumatore in modo nuovo, ma soprattutto occorrono nuove competenze di marketing e comunicazione fluide e che partano dal dato (quali-quantitativo) per progettare ecosistemi di punti di contatto coerenti.
Per il direct nuovo slogan o vero cambiamento?
Andrea Boaretto08/06/2015