I programmi di coalizione sono ormai ben noti. I vantaggi teorici di questi programmi sono molteplici: cliente che partecipa alla raccolta punti può ottenere sconti, promozioni dedicate, voucher e punti fedeltà per ogni acquisto presso i partner con una sola carta. I vantaggi per le aziende partner della coalizione sono essenzialmente nell’avere una sola e condivisa vista del database anagrafico, poter beneficiare nell’acquisizione di nuovi clienti di altri partner, la riduzione dei costi di esercizio di un programma fedeltà tradizionale, l’esperienza in data mining e profiling da parte della società di gestione del programma. Eppure. finora, complice anche il silenzio delle società di gestione, nessuno ha potuto verificare se ci sia un effettivo aumento del roi di un programma di coalizione rispetto a programmi di tipo tradizionale o ci sia una diminuzione del tasso di abbandono da parte della clientela. Inoltre, un programma fedeltà di coalizione ha costi di gestione che attengono alla smaterializzazione della carta fedeltà, lì dove la tecnologia consente già ora di eliminare la tessera di plastica e la migrazione dei crediti/punti fra diversi programmi fedeltà, anche non in coalizione. E poi la maggiore conoscenza di abitudini al consumo derivante dalla maggiore mole di dati forniti dai sistemi di business intelligence non si sta rivelando un vantaggio in termini di aumento di quote di mercato per le insegne che hanno implementato un programma di coalizione. Di sicuro c’è chi sostiene che il programma di coalizione crea un beneficio certo e immediato solo alla società di gestione, che agisce nei confronti del partner ora come banca ora come fornitore, generando non indifferenti flussi economici, anche finanziari. Le critiche più forti ai programmi di coalizione sono relative proprio ai meccanismi economici che legano società di gestione e azienda partner; sono stati definiti tre flussi principali provenienti da un programma di coalizione: Il flusso di diffusione, la vendita dei punti (o crediti) alla rete di partner, che genera un flusso di cassa costante che si verifica quando i partner pagano per i punti in fase di emissione, rilevati real time dai sistemi informatici collegati alle casse; il flusso di interessi: ogni punto che viene consegnato (elettronicamente) a un cliente ha un valore ben definito, il quale va a costituire un accantonamento, che può (e secondo molti viene) utilizzato per investimenti finanziari che nulla hanno a vedere con la natura della società di gestione (che dovrebbe occuparsi solo di data collect e data mining), raccogliendo cospicui interessi; il flusso di abbandono: paradossalmente il meccanismo economico che sta dietro a un programma di coalizione punta anche sul fatto che i punti scadono a una certa data e che una parte di clienti non redimeranno mai i punti, riscattando il premio; ogni abbandono genera un profitto derivante dal fatto che i punti sono già stati venduti all’azienda partner nel momento in cui vengono emessi. Quale futuro per i programmi di coalizione allora? Sicuramente saranno sempre più accettati e benvoluti dalla clientela, ma necessiteranno di competenze non solo più marketing, ma anche e sempre più finanziarie, con modelli aziendali e operativi di riferimento che si avvicinano ai circuiti interbancari e con cui le società di gestione dovranno presto competere o diventare validi alleati.
Coalition program, vantaggi più in teoria che in pratica
Antonio Votino17/12/2015