Il nome lo penalizza e sminuisce, così il give-away ha finito per identificarsi con un oggetto senza valore da “dar via perché si usa così”. Affermazione sconsiderata che potrebbe avere pericolose conseguenze, poiché non tiene conto del fatto che l’oggetto è utilizzato in abbinamento con un brand e relativa reputazione. È vero che da tempo immemore, in tutte quelle manifestazioni promosse da una marca o da un’azienda che richiamano pubblico, si è stabilita la consuetudine di “dare buona accoglienza” o di “lasciare un ricordo” tramite un oggetto dato in omaggio, ma è appunto un gesto di benevolenza e di liberalità che bisogna stare attenti a non trasformare nella “mela avvelenata di Biancaneve”. Che si tratti di partecipanti iscritti a un convegno, di giornalisti invitati a una conferenza stampa o di consumatori convenuti a uno street event, tanto per citare i momenti in cui più frequentemente il give-away entra in scena, bisogna evitare di distribuire un qualsivoglia oggetto, anche se di costo molto contenuto. Il budget sembra purtroppo l’unico criterio usato. In realtà, il costo del give-away deve essere bilanciato da una qualche forma di ritorno positivo. Il contributo maggiore che esso può dare è proprio la comunicazione perpetuata per lungo tempo. Ovvero l’oggetto non è mai fine a se stesso, ma gioca un ruolo rilevante in tutti gli innumerevoli momenti in cui pubblico e marca intrecciano i loro percorsi. Proprio perché il soggetto enunciatore è la marca (con i suoi segni identificativi, valori, significati) e deve essere reso esplicito e memorabile un messaggio funzionale alla circostanza, è indispensabile usare raziocinio. Il rischio è di trasformare il give-away in un disvalore o nell’ennesimo oggetto superfluo e inutilizzabile (difficile pure da smaltire), trascinando in area negativa azienda, brand e messaggio. Bisognerebbe anche fare attenzione alla differenza fra distribuire e porgere. Azione, quest’ultima, che richiama tutta la grazia e la cura che l’operazione richiede, avendo ben in mente che chi la compie deve essere consapevole che sta consegnando nelle mani di un destinatario un elemento che incide sulla percezione che egli si farà (e per un certo tempo continuerà a farsi) della marca. Prima di scegliere l’oggetto, sarebbe opportuno pensare al costo per contatto. Oltre al destinatario nell’immediato, il give-away raggiungerà altri soggetti, continuando il suo compito di comunicatore. L’articolo scelto come omaggio veicola un logo e un messaggio; se quest’ultimo è legato alla circostanza, evaporerà dopo un certo tempo, ma resterà comunque il logo a perpetuare il richiamo alla marca e all’azienda. Quale criterio usare per individuare il give-away più consono a comunicare il brand, pertinente alla circostanza, gradito al pubblico? Provate a usare l’abbinamento con alcuni aggettivi: duraturo, affidabile, originale, utile; ma lasciate perdere “risparmioso”.
Luca Finetto
Oltre quindici anni di esperienza nel mercato promozionale, ha gestito con successo l’attività nel canale di brand come Armani, Fiorucci, Fossil, Moulinex, De’Longhi, Atala, Antinori, Breil. Oggi di Ops!, Usag, G3Ferrari, Black&Decker...