Negli ultimi mesi sembra che la nuova linea di tendenza del digitale, oltre ai wearable device (di cui si è già parlato nello scorso numero), sia rappresentata dall’intelligenza artificiale, che va a connotarsi su più device e strumenti che vanno dalla realtà immersiva fino ai robot. Su questi ultimi, com’è ovvio aspettarci, c’è molto dibattito circa la reale applicabilità su una scala più ampia (con benefici di risparmio costi e drastica riduzione del personale) o se si tratta di un trend dal futuro di cui si espongono prototipi nelle fiere di settore. Tra i diversi campi di applicazione dei robot, uno prevalente fa riferimento al punto di vendita, con la possibilità quindi di usare robot come (parziali?) sostituti di addetti alla vendita per erogare una serie di servizi informativi, transattivi e logistici. I benefici e le potenzialità sono molteplici e legati all’apprendimento in real time attraverso il machine learning e la marketing automation, grazie alla definizione di opportune regole di automazione fortemente legate alla personalizzazione e al raggiungimento di obiettivi di marketing e vendita, con un cambio forte di paradigma rispetto ad altri device, dove attualmente tali algoritmi e software operano, legato all’umanizzazione del device non solo nelle sembianza ma soprattutto nella comunicazione multisensoriale, con una personalizzazione dei messaggi tale da simulare un’interazione umana. Sicuramente le aziende che stanno sviluppando robot hanno colto un bisogno ormai non più latente ma chiaramente espresso, legato alla necessità di erogare servizi a valore aggiunto in tempo reale e in una modalità che sia un ibrido tra il self-service e la vendita assistita. I profili più marcatamente multicanale di consumatori vivono, infatti, da anni un po’ questa apparente dicotomia: essendo molto informati, prima di recarsi in un punto di vendita attraverso gli smartphone, da una parte richiedono maggiore informazioni e consigli agli addetti alla vendita, con un’esperienza spesso non soddisfacente, dall’altra vogliono co-creare il percorso di acquisto in termini di scelta di marche e configurazioni varie senza il supporto, a volte percepito come invasivo, da parte del personale di vendita. I tentativi finora messi in atto di display e monitor touchscreen e di mobile application hanno, infatti, soddisfatto solo parzialmente questo bisogno, tanto che non hanno rivoluzionato su larga scala l’esperienza di acquisto nel punto di vendita, salvo per quei retailer la cui brand experience era già fortemente legata a connotati di self-service (si pensi per esempio al sistema di prenotazione del pasto presso i ristoranti McDonald’s o alle app di Ikea). I robot potranno, quindi, essere la chiave di volta per ridefinire l’esperienza di marca nel punto di vendita e attrarre, quindi, anche quei consumatori marcatamente multicanale che tendono a preferire l’ecommerce o a recarsi in negozi con alto contenuto esperienzale? La risposta al solito non sta nella tecnologia ma dall’esperienza di marca che si vuole veicolare, dagli obiettivi specifici da raggiungere sia in termini di business sia in termini di bisogni o microtask istantanei nel customer journey del consumatore.
Robot, la nuova frontiera del digitale in store?
Andrea Boaretto02/05/2016