“La mia filiera non è digital” è una frase che sentiamo ripetere frequentemente quando incontriamo per la prima volta dei potenziali clienti. In verità ci troviamo spesso a dimostrare che il target è più digital di quanto i marketing manager credano. Recenti indagini di AdviceLab condotte su un campione di 4 milioni di utenti (coinvolti in attività di performance promotion proprietarie), hanno evidenziato che il target più rispondente in ambito promozionale ha tra i 35 e i 45 anni ed è, quindi, responsabile di acquisto. Emerge così che il 72% dei consumatori ha partecipato almeno una volta a un contest digitale promosso da un brand in ambito consumer promotion; quota che sale all’85% nelle attività d’incentive trade. Spesso il brand ritiene che la sua filiera non sia digital, dimenticandosi che gli utenti che partecipano ad attività b2c sono poi i medesimi che potrebbero prendere parte ad attività b2b, con la differenza che in un contesto lavorativo le persone sono più propense a partecipare e a rilasciare il consenso alla privacy, perché sono convinte che potrebbe procurare loro dei vantaggi. Dal punto di vista aziendale, sviluppare un’adeguata strategia digitale rivolta alla filiera significa anche poter conoscere e dialogare con i propri punti di vendita. Aspetto non poco rilevante, considerando che in Italia le filiere sono molto lunghe e costellate di distributori che servono con capillarità il territorio, talvolta utilizzando anche piccoli fornitori a livello locale. Capita quindi che l’azienda non ne abbia il controllo e che spesso conosca a fatica anche i punti di vendita serviti. Il digitale diventa così la soluzione per promuovere una relazione diretta con gli esercenti, stimolandoli a entrare a far parte di un programma d’incentive e a compiere azioni di acquisto ripetuto e di gamification, volte alla profilazione e alla business performance. Accademia Tre Marie, per esempio, è un programma d’incentive trade sviluppato per il canale bar, oggi alla sua quarta edizione. L’attività è nata per aiutare l’azienda a conoscere i propri punti di vendita e in soli tre anni ha coinvolto più dell’80% dei bar che il brand stima di servire, ricevendo il riconoscimento come miglior programma di loyalty rivolto al segmento b2b ai Loyalty Awards di Londra. Una strategia digitale, soprattutto se continuativa, ha una valenza nativa, perché permette di costruire un database qualificato attraverso proprie strategie di engagement, evitando di utilizzare liste di anagrafiche di parti terze, e somministrando, invece, stimoli volti a favorire l’acquisto ripetuto anche cross referenza, a cui gli utenti rispondono in modo volontario, e alla condivisione e co-creazione di contenuti. In questo modo l’azienda ottiene informazioni utili per migliorare le performance in corsa, grazie all’invio di comunicazioni mirate verso target specifici. Dietro un contest, un codice univoco, un sms o un semplice click su una landing page, si attivano filiere pronte alla relazione digitale diretta con il brand. Si svelano comportamenti di fedeltà sopita, mappature territoriali, punti di vendita virtuosi e indagini qualitative, ma soprattutto si scopre che il rivenditore dietro un bancone o un impiegato seduto alla scrivania, è un utente già digitale e propenso alla multicanalità più di quanto gli stessi marketing manager pensano.
La filiera è molto più digital di quanto i manager credono
Fulvio Furbatto03/05/2016