Le attività promozionali nei musei italiani sono pari a zero eppure, fra pubblico e privato, le aziende avrebbero quasi 6.000 opzioni di scelta, su tutto il territorio nazionale (fra siti archeologici, biblioteche, pinacoteche, accademie, monumenti ecc.). Opzioni che le aziende non possono nemmeno sfruttare a livello locale, dove manca anche il flusso di turisti e dove è quindi più sentito il bisogno di creare una disponibilità economica per le necessità di gestione e valorizzazione. Cosa s’intende per promozione nei musei? Significa essenzialmente mettere a reddito l’immenso patrimonio culturale italiano, di cui solo una parte davvero minima è nota al grande pubblico, facendo leva sulle aziende e sulla loro disponibilità a creare iniziative che, da un lato, coinvolgono il loro target di clienti e dall’altro creano delle ricadute positive sull’istituzione scelta. Le opportunità per le aziende di legare il proprio nome a quello di un’istituzione culturale (usiamo per comodità questo termine onnicomprensivo) tramite un’iniziativa promozionale si annullano di fronte alla burocrazia e a infiniti ostacoli, generati soprattutto dall’incomprensione. Il mondo museale è a corto di manager con una specifica preparazione di marketing e di comunicazione, nonostante le università già da anni stiano formando queste specifiche figure professionali dedicate alla gestione dei beni culturali. Vecchie leggi e prassi lontanissime dalle esigenze dinamiche delle aziende fanno sì che pochi soggetti si siano aggiudicati la gestione delle aree commerciali nei musei (i bookshop, le caffetterie, le aree didattiche), esercitando un effettivo monopolio. Cosa servirebbe alle aziende? Non una generica libertà d’intervento, ma manager pubblici capaci di comprendere il valore di un progetto promozionale e di includere le promozioni fra le risorse a cui un museo può attingere per finanziarsi. Dei 43 milioni di ingressi nei musei registrati nel 2015, gran parte sono dovuti alle scolaresche. Bambini e ragazzi potrebbero essere coinvolti in iniziative (come giochi, concorsi, raccolte ecc.) gestite dalle aziende che si rivolgono a questo target e alle loro famiglie. Legando la meccanica promozionale a un tema (che, per esempio, può essere sviluppato nel percorso di visita all’istituzione), l’azienda che promuove l’iniziativa può generare vantaggi economici per il museo. Da questo punto di vista le aziende hanno già fatto moltissimo per le scuole primarie e secondarie e le loro iniziative sono la testimonianza che un’efficace collaborazione è possibile. Da questo punto di vista, il Mibac non sa che, oltre ai finanziamenti di privati per il restauro e ai contributi di sponsor per mostre, c’è molto altro. Se si considera che le aziende italiane investono annualmente milioni di euro in iniziative promozionali, di loyalty e di licensing, si comprende quante occasioni i musei stanno perdendo non solo dal punto di vista economico, ma anche per quanto riguarda l’obiettivo di avvicinare e avvincere i ragazzi alla cultura.
Luca Finetto
Oltre quindici anni di esperienza nel mercato promozionale, ha gestito con successo l’attività nel canale di brand come Armani, Fiorucci, Fossil, Moulinex, De’Longhi, Atala, Antinori, Breil. Oggi di Ops!, Usag, G3Ferrari, Black&Decker...