Nel libro di Saolini e Pola “E-commerce sensoriale” c’è un paragrafo, al capitolo 5, dal titolo “La realtà ‘aumentata’ e l’uomo ‘diminuito’”, che mi ha fatto spesso riflettere. In esso si evidenzia che tecnologie digitali che portano informazioni contestuali aumentando la realtà fisica (si pensi alle ben note mappe con evidenziazione dei punti di vendita o meglio ancora il recente fenomeno di Pokémon Go) danno sicuramente benefici in termini di esperienza utente, ma rischiano un po’ di depotenziare le capacità intellettive dell’individuo, che di fatto tende a fare ricorso maggiormente a questi ausili che a utilizzare proprie capacità cognitive.
Si pensi a situazioni sempre più ricorrenti in cui ci si fa guidare dalle mappe sul proprio smartphone, che di fronte a un’evidente deviazione segnalata da cartelli stradali o altri imprevisti reali, porta l’individuo a interrogarsi se seguire la realtà fisica o le indicazioni digitali. Attualmente il tema torna a essere dibattuto, con impatto ancor più elevato grazie al forte hype tra addetti ai lavori e non, circa la diffusione a breve d’intelligenza artificiale in siti, mobile app, robot umanoidi e oggetti connessi. In sintesi, la potenza di questa famiglia di tecnologie è di trattare in tempo reale grandi quantità di informazioni, autoapprendere sulla base di comportamenti passati, adattarsi allo specifico individuo e interagire con linguaggio naturale, fornendo consigli, suggerimenti nonché prevedendo possibili comportamenti dell’individuo (e del consumatore). Se si pensa a scenari applicativi in ambito retail, spesso si è portati a ipotizzare un effetto sostituzione del punto di contatto umano, poiché, come avevo già evidenziato in una precedente opinione, si stanno soddisfacendo bisogni intermedi tra self-service e vendita assistita da parte dei profili marcatamente multicanale (si pensi ai 5,5 milioni di
everywhere shopper identificati dall’Osservatorio Multicanalità 2016): in particolare alcuni prevedono la fine o il forte ridimensionamento del numero di addetti alla vendita sostituiti dai robot. Lo stesso scenario viene spesso ipotizzato, magari non ancora per gli effetti dell’intelligenza artificiale ma già solo per gli effetti della multicanalità spinta maggiormente in ambito ecommerce, anche per le reti di vendita sul territorio, come per esempio nei comparti bancari e assicurativi con i promotori finanziari, nel comparto farmaceutico con gli informatori medico-scientifici o in generale nei casi in cui il ruolo della forza vendita in termini di attività presidiate (informative e transattive) può essere facilmente automatizzato o sostituito da intelligenza artificiale. In realtà imprese più smart stanno ipotizzando e progettando scenari e soluzioni in cui l’intelligenza artificiale potenzia il ruolo del punto di contatto umano sia nel punto di vendita sia sul territorio sia per il call center: la possibilità di trattare dati sul cliente in tempo reale, ovviamente con opportune modalità di farseli rilasciare e/o accedendo a un mix di fonti di dati, unita al suggerimento della “next best action” che soddisfi l’intento del cliente e contestualmente gli obiettivi aziendali, creeranno nuovi superuomini di vendita che, combinando l’intelligenza cerebrale ed emotiva con quella artificiale e cerebrale, saranno in grado di creare nuovi punti di contatto fortemente rilevanti e performanti, rimettendo al centro la persona.