La ristorazione commerciale è un comparto importante per il nostro paese, per aspetti economici ma anche culturali e sociali. La ristorazione è molto cambiata in questi ultimi anni, l’offerta si è fatta più vasta, con molti più fornitori nella filiera, tante tipologie e segmenti di clienti. Il peso emergente di alcune formule (per esempio street food, apericena, etno, bio) hanno avuto il merito di differenziare l’offerta, aprire la strada alle specialità regionali, ma soprattutto sostenere la marginalità di un comparto che dava segnali di crisi.
Il panorama competitivo è oggi ampio e variegato: si diffondono le catene in franchising che consentono a molti imprenditori di altri settori di dirigere i loro investimenti godendo del know how di altri; la grande distribuzione guarda con sempre maggior interesse all’introduzione all’interno del punto di vendita di corner di ristorazione per il consumo in ipermercato e non più solo nella galleria del centro commerciale; gli specializzati segnano il territorio italiano con nuove aperture, creando anche consumo alternativo.
Cambia anche il consumatore, diventato informato e competente, desideroso di essere stupito e soprattutto sempre più social. I clienti scelgono il ristorante anche in base al clima di fiducia e di fedeltà che trovano in rete e nel web scambiano pareri e informazioni sull’esperienza avuta. Il valore dell’esperienza positiva passa non più per l’eccellenza del cibo e del servizio che alcuni segmenti di clientela danno per scontato quando scelgono il locale, ma per l’esperienza complessiva (il mood direbbero gli inglesi). È questo un consumatore fluido, liquido, sperimentatore, infedele, che è passato dall’era del “contenuto sovrano” all’era del “contenuto condiviso”; per lui ha valore solo ciò che appartiene a un gruppo, stabilmente in condivisione. Per gran parte della clientela, e per la totalità della clientela nel segmento di età 16 ai 25 anni, ha valore solo ciò che viene diffuso sui social network. Questo teorema espressamente egregiamente nel libro di Harris e Gorenfeld “Share Or Die” porta a due corollari: primo, l’esperienza per avere successo deve essere condivisibile, interessabile, fantasticabile; secondo, deve esserci una comunità a cui rivolgermi che non è solo quella dei miei amici e follower, ma di tutti coloro che hanno fatto o faranno la stessa esperienza. Questo aspetto è sottovalutato da gran parte delle catene di ristorazione in Italia. Come fidelizzare questo consumatore al ristorante? Non c’è “la” strategia di fidelizzazione. Ci sono strategie diverse per clienti diversi con bisogni diversi. Strumenti potenzialmente trasversali, come la carta fedeltà o la mobile app possono essere utilizzati per raccogliere informazioni e segmentare la clientela. Un mix di azioni di marketing che passano dalla comunicazione diretta al coinvolgimento fuori dal pasto con corsi di cucina, preparazioni di feste e happening con cuochi ed esperti del settore. Un settore che si sta muovendo bene e nel quale appare evidente il detto “il cliente prima di tutto”.