I big data rappresentano la più interessante delle nuove possibilità offerte dalla tecnologia in grado d’incidere sulle nuove scelte nell’economia, nella scienza e nella società. Permetteranno di tracciare ogni possibile comportamento umano – dove siamo, come siamo arrivati in un luogo, quali scelte nel pagamento di un bene abbiamo adottato, quante volte paghiamo un bene – e di offrire una guida per il nostro vivere quotidiano, con i consigli anche sui pericoli che potrebbero prospettarsi nelle nostre prossime ore di vita.
Quando si parla di big data ci si riferisce anche alla capacità di macinare, digerire e sedimentare una grande quantità di informazioni, analizzare istantaneamente e trarre conclusioni, a volte sorprendenti, da informazioni disaggregate e su temi più disparati come la salute, la politica, l’educazione, l’innovazione, nel presente e negli anni a venire. Le informazioni che sono detenute da istituzioni pubbliche e private sono già utilizzate per prevenire attacchi terroristici o fornire modelli previsionali di statistica anagrafica. Ciò che si sta costruendo invece è la fruizione di informazioni a fini di microeconomia, raccogliendole e ordinandole su vasta scala. Con una disponibilità di informazioni relativamente illimitata, il concetto statistico di campionamento non ha più molto senso, com’è noto a chi utilizza i Google Trends, che non si basano su un campione casuale piccolo ma utilizzano miliardi di query di ricerca su internet. Analizzare un fenomeno economico, di consumo, non sarà più utile solo per mettere in luce il suo funzionamento e gli effetti che ha causato, ma anche per individuare una metodologia capace di predire il futuro. La possibilità di registrare le informazioni è una delle linee di demarcazione tra società primitive e avanzate. E in settori cruciali per l’economia dei consumi l’utilizzo del dato risulta sempre più importante. Una volta per testare il gradimento di un nuovo prodotto
si utilizzavano gruppi di clienti potenziali riuniti in test group, ora si utilizzano modelli e algoritmi matematici applicati a database di consumatori che utilizzano la carta fedeltà. Avere quindi disponibili tanti dati organizzabili in viste finalizzate al business diventa una fonte di vantaggio competitivo per molte aziende; la struttura di interi settori industriali è già oggi rimodellata, ma la domanda è se le aziende di medie e piccole dimensioni riusciranno ad accedere a queste tecnologie, se i fornitori d’intelligenza e analisi di dati si orienteranno nel distribuire know-how e tecnologie applicate ai big data anche per aziende più piccole. È indubbio che il modello di applicazione dei big data è meno utile per le aziende piccole e medie, ma ci sono vantaggi di scala che deriveranno dal contenimento dei costi d’innovazione e per il mantenimento dei database che consentiranno anche a chi è piccolo di accedere alle informazioni e di utilizzarle. Inoltre, secondo influenti ricercatori, i big data interromperanno i vantaggi competitivi di alcuni stati nell’utilizzo di tecnologie evolute di archiviazione, accesso e utilizzo dei dati a favore di nuove economie in sviluppo che hanno sempre più dati e sanno come usarli.