Dal 2015 è entrata in vigore la legge per la sicurezza sui dati personali che ha reso obbligatorio l’inserimento della cookie policy all’interno di tutti i siti web. Un’informazione importante per i consumatori, ma talvolta poco utile, perché non sempre i cookie vengono utilizzati in modo strategico.
Nel 2011 Google ha analizzato il processo di analisi e scelta del consumatore, introducendo il concetto di Zero Moment of Truth (Zmot), letteralmente il momento zero della verità, ovvero il periodo di tempo in cui l’utente raccoglie informazioni rispetto a un determinato prodotto o servizio. Durante l’intero processo, dalla valutazione del prodotto alla finalizzazione dell’acquisto, l’utilizzo strategico dei cookie, abbinato al sistema di fingerprint (analisi degli elementi distintivi del browser che identifica gli utenti anche quando i cookie sono disattivati), permette di tracciare il comportamento di navigazione dell’utente. Se raccolte, queste informazioni diventano preziose per il brand, che può per esempio strutturare percorsi di loyalty personalizzati che tengano conto delle attività svolte dall’utente anche prima della sua registrazione. Questo sistema, detto “tagging”, può davvero rivoluzionare la loyalty trasformandola in behavioural loyalty? Fino a oggi i programmi di fidelizzazione sono stati legati alla necessità della registrazione dell’utente, condizione essenziale per avviare un dialogo con il singolo user, restituendo opportunità basate esclusivamente sui suoi comportamenti, spesso solo legati agli acquisti. Il risultato? Programmi sempre simili, distintivi solo per i premi proposti, ma rivolti per lo più a persone già fedeli alla marca. Il tagging, invece, permette di tenere traccia della navigazione anonima e di creare, già in questa fase, cluster comportamentali utili alla personalizzazione dei contenuti e delle missioni valoriali della marca. Una volta attratto e convertito in utente registrato, l’user (non necessariamente già fedele alla marca) entra in un programma di loyalty e diventa una persona con cui avviare un dialogo basato su opportunità che tengano conto anche delle attività svolte durante il periodo di tracciamento anonimo. Queste attività, incrociate con quelle successive, creano cluster fino a oggi mai esplorati. La navigazione nel sito del brand, l’utilizzo di determinati servizi, l’accesso ai website dei partner o la visualizzazione di contenuti specifici diventano parte integrante delle dinamiche di assegnazione di un valore di fedeltà, in grado di evolversi e migliorare in tempo reale.
Bemap, una startup partecipata da Quattroruote, ha per esempio lanciato sul mercato automotive un sistema di behavioral marketing (basato sul tagging) rivolto a tutti quei consumatori che, navigando sulle pagine del brand, sui configuratori dei modelli o in alcune aree di quattroruote.it, ottengono call-to-action personali e proposte di acquisto uniche e in real time. La casa automobilistica sarà in grado di mappare il processo di evoluzione dell’utente, individuando il momento giusto (Zmot), nel quale fare la proposta giusta, con il giusto contenuto al giusto profilo. Da qui si aprono scenari di loyalty predittiva, di real time loyalty e di behavioural loyalty che rappresenteranno i nuovi paradigmi per i programmi di fedeltà, lead convertion e retention del futuro.