Fieg, Federazione italiana editori giornali, e Upa, Utenti pubblicitari associati, hanno unito le forze in una campagna di lobbying per ottenere benefici fiscali, in termini di credito d’imposta, finalizzati a convogliare investimenti pubblicitari sui mezzi locali (quotidiani, riviste, radio e tv). Per chi volesse approfondire, il riferimento è la legge n. 96, articolo 57 bis, che fa parte dell’emendamento alla manovra correttiva, approvata lo scorso 15 giugno (cui seguirà il decreto attuativo). È poco probabile che le aziende di marca del b2c prendano in considerazione le testate locali; è più verosimile che questo provvedimento fiscale torni di un qualche vantaggio alle catene della distribuzione che vogliono far sentire la propria voce a livello microterritoriale. Comunque il provvedimento a favore di editoria ed emittenza locali è da considerarsi un segnale positivo che dimostra che si possono negoziare soluzioni utili. C’è ora da correggere il tiro, mirando a una più ampia visione di quel che è il mondo della comunicazione, giacché anche promozioni, direct response e non solo fanno perno su mezzi locali, nazionali, consumer, business. Va instaurato un dialogo a più voci fra chi commissiona le campagne, chi produce i mezzi, chi li trasforma in efficienti veicoli di comunicazione e il legislatore. Se volessimo allargare la lista delle tematiche su cui le autorevoli parti che rappresentano le angolazioni del problema si potrebbero cimentare ci sarebbe anche l’editoria b2b, che avrebbe bisogno di molto più di una semplice boccata di ossigeno. Ecco quindi un altro spunto da sviluppare, considerando che migliaia di aziende in Italia investirebbero di più o inizierebbero a includere la promozione nelle proprie strategie se ci fossero davvero agevolazioni anche sulle testate trade, professionali e specialistiche. Nel mondo della carta gli investimenti pubblicitari sono andati decrescendo, mettendo in difficoltà gli editori e tutto un indotto a esso correlato; pensiamo alle molte aziende che, a partire dalla metà degli anni ’90, si erano specializzate in gadget e prodotti promozionali che periodicamente venivano abbinati alle testate. Parallelamente nel mondo del web si è avuta un’immissione di budget di comunicazione che ha portato alla nascita di diversificate soluzioni pubblicitarie (dal banner al programmatic advertising e oltre). A cui però non è seguita una rendicontazione precisa e trasparente dei risultati (per esempio, pagine consapevolmente viste e click “casuali”), tanto che oggi è in corso un acceso dibattito. Che dire poi della tassazione che grava sulle promozioni? Se si vuole ragionare in termini di rilancio dei consumi, di aiuto alle aziende a investire meglio e dare slancio ai media, bisogna dialogare a più voci evitando contrapposizioni inutili fra mezzi locali e nazionali, fra online e offline. C’è bisogno di orchestrazione e di defiscalizzazione permanente.
Andrea Demodena
Dopo la frequenza di Economia e commercio in Cattolica, si iscrive a Lettere Moderne, presso l’Università Statale di Milano, laureandosi a pieni voti con una tesi in storia dell’arte contemporanea. Come giornalista ha collaborato con Juliet, Art Show, Tecniche Nuove, Condé Nast, Il Secolo XIX, Il Sole 24Ore. Dal 2000 si occupa di marketing e promozioni. Dal 2014 è direttore di Promotion.