Le aziende concludono la presentazione del brief alle agenzie, incaricate di realizzare campagne promozionali o gestire piani di loyalty o ideare interventi di incentive, sempre con la stessa raccomandazione: “vogliamo l’effetto wow!”. La lingua inglese ha creato la magica interiezione “wow” che è tipicamente onomatopeica e questo suono rende bene l’idea di stupore, di sorpresa per qualcosa d’inaspettato, ma con una connotazione positiva, anzi entusiasmante. Dal linguaggio sintetico dei fumetti, “wow” si è ben radicato nei reparti marketing delle aziende, obbligando le agenzie di comunicazione a fare l’impossibile. È venuto il momento di dare un senso al “wow”. Trattandosi di una sensazione immateriale, si ha a che fare con la personalità
e la psicologia di chi dovrà dar prova d’essere rimasto favorevolmente impressionato, anzi incantato. Quindi è necessario partire dalle persone cercando di cogliere alcuni tratti del carattere; in mancanza di dati così personali, le analisi psicografiche (soprattutto se ci si rivolge a un gruppo molto numeroso) mostrano ancora una certa validità per capire il target e cercare di decifrare la capacità di reazione. È fondamentale conoscere bene l’interlocutore per ottenere il suo coinvolgimento emotivo e quindi la sua predisposizione ad assecondare il progetto che gli è destinato. Poi bisognerà definire per quale scopo l’interlocutore dovrà esclamare a tutta voce l’interiezione anglosassone. La gamma delle opzioni è vasta: dall’indurre preferenza per una marca, o per uno specifico prodotto, al rinvigorire il patto di fedeltà, all’ottenere un comportamento cooperativo a molto altro ancora. In pratica l’effetto “wow” è una sorta di ricompensa emozionale a fronte di qualcosa che l’azienda chiede al target (nell’immediato o in modo più continuativo). Una volta circoscritto bene lo scopo, si può tracciare il percorso di esperienza che porterà all’effetto desiderato. Percorso che può essere costruito su una sequenza di gratificazioni immateriali o rinforzato da elementi del tutto materiali (come per esempio un assaggio, un omaggio). Dipende molto da quanto è impegnativo lo sforzo che si chiede al destinatario (ovvero lo scopo di tutta l’operazione). In linea generale le prassi di progettazione della qualità possono essere tenute in considerazione quando si vuole tentare di ottenere l’effetto esclamativo. Come detto, conoscere il target porta a riconoscere le sue aspettative (anche latenti), quindi si può definire in cosa consisterà la meraviglia e progettarla, nonché prometterla. È questo un passaggio importante, perché per ottenere adesione attiva, bisogna informare il target, solleticarne la curiosità e far lavorare la fantasia nella direzione appropriata. Il passaggio più complesso è quello relativo alla prestazione, che rappresenta è il momento della verità, perché se il pubblico sperimenta “qualcosa” che si discosta da ciò che è stato promesso sarà più probabile sentirlo esclamare con un “gulp” o un “gasp”.
Luca Finetto
Oltre quindici anni di esperienza nel mercato promozionale, ha gestito con successo l’attività nel canale di brand come Armani, Fiorucci, Fossil, Moulinex, De’Longhi, Atala, Antinori, Breil. Oggi di Ops!, Usag, G3Ferrari, Black&Decker...