In uno scenario digitale, mobile e social, dove tutto è connesso – persone, cose, organizzazioni – le aspettative del consumatore sono sempre più alte rispetto ai brand preferiti o all’insegna nella quale acquista regolarmente.
E se anche fosse vero che le aziende investono molto nel miglioramento della customer experience per fidelizzare il consumatore (per il 96% delle company sul mercato questa costituisce una priorità, secondo la ricerca “Customer experience optimization”, Econsultancy, marzo 2017), è altrettanto vero che per natura, a prescindere dall’entità dell’investimento alla base, qualunque servizio è destinato a essere una commodity.
Cosa costituirà dunque un fattore competitivo in grado di aumentare il legame fra produttore e consumatore, fra insegna e cliente?
Quando i consumatori individuano quelle poche marche che realmente meritano di entrare a far parte in maniera consistente della loro vita, cercano un allineamento con esse, una reale relazione. Vogliono essere pensati, coinvolti e compresi, fino a un livello personale. Meno di un cliente su tre, però, riconosce un reale investimento di tempo da parte dell’azienda nell’ascoltarlo e nel comprendere i suoi bisogni (“The state of engage- ment”, Marketo, giugno 2017). Eppure oltre il 33% dei millennial vorrebbe rimanere aggiornato circa le novità che riguardano i prodotti che consuma e il 44% di essi è disposto a fornire feedback direttamente all’azienda sulla propria esperienza di consumo, qualora gli ritornasse un beneficio diretto, concreto, veloce (“The next America”, Paul Taylor, 2016).
Si apre così un’opportunità interessante per i brand che riescono non solo a mantenere l’esperienza che promettono, ma anche a creare e alimentare un’economia di scambio continuo di contenuto con le persone. Oggi l’investimento non è nella creazione di nuovi asset, ma in una strategia integrata di connessione e orchestrazione degli asset esistenti al fine di creare un “ambiente connesso” attorno al proprio cliente, un ambiente la cui alimentazione coinvolge l’intera organizzazione, dal marketing al prodotto.
La prospettiva di lungo periodo diventa la crescita, il miglioramento comune e congiunto fra persona e brand, quasi fra partner. Le azioni, invece, si fanno di breve, brevissimo periodo, sempre più costanti, continue, puntiformi, guidate dal digitale, che diventa l’enabler che permette all’azienda di creare valore connettendo i contesti, analizzare i comportamenti del cliente, fornire quello che desidera quando lo desidera o prevedere i suoi desideri, offrendogli contenuti personalizzati.
Con questa prospettiva, il concetto di loyalty assume una prospettiva diversa, più profonda, quasi più puramente concentrata sul valore finale della relazione, che diventa la somma di innumerevoli momenti d’ingaggio reciproco fra brand e persona.
Un diamante non è più per sempre, quindi. Deve brillare ed essere significativo ogni momento di scambio, dall’awareness alla loyalty, senza soluzione di continuità.