Il loyalty marketing ha attraversato diverse fasi dalla nascita del nostro Osservatorio Fedeltà fino a oggi. Vent’anni fa fare loyalty voleva dire distribuire la carta fedeltà al maggior numero di clienti possibile, per poi differenziare le proprie offerte tra titolari e non. Il crm ha rappresentato il passo successivo in questa evoluzione del loyalty marketing: acquisiton, retention, cross-selling e win-back sono diventate delle azioni importanti all’interno di un approccio strategico di crm che ha consentito alle aziende di differenziarsi dai competitor in uno scenario caratterizzato dalla banalizzazione dei programmi fedeltà.
Oggi, fidelizzare vuol dire innanzitutto entrare in contatto con il cliente nel suo percorso verso l’acquisto (la customer journey) che si snoda attraverso una moltitudine di punti di contatto, ovvero di touchpoint. Da un lato è innegabile che il numero dei touchpoint negli ultimi anni sia esploso, anche grazie alla digital trasformation che in diversa misura ha colpito tutti i settori. Dall’altro, gli studi del nostro Osservatorio Fedeltà hanno dimostrato che i touchpoint tradizionali, come per esempio il punto di vendita o il programma fedeltà, hanno mantenuto la loro importanza, soprattutto in termini di numerosità di clienti raggiunti.
In questo senso, è importante capire in che modo è possibile innovare i touchpoint tipici del loyalty marketing, quindi il programma fedeltà, le raccolte punti o le short promotion, per riuscire a differenziarsi dai competitor. I più recenti studi scientifici sulle varie leve del loyalty marketing si sono focalizzati su due temi principali: la politica di gestione e cancellazione dei punti loyalty e l’effetto delle special promotion sul comportamento di acquisto.
Uno studio congiunto dell’Università di Leuven in Belgio e dell’Old Dominion University negli Stati Uniti (Breugelmans e Liu-Thompkins 2017) ha approfondito cosa succede al comportamento di acquisto dei clienti quando un programma fedeltà di un retailer (che vende prodotti food e carburante) cambia la propria policy in materia di scadenza dei punti fedeltà. In particolare il retailer oggetto di studio è passato dal consentire ai clienti di mantenere i propri punti senza limiti temporali a stabilire delle scadenze mensili di cancellazione dei punti. Che effetto può avere questa scelta sul comportamento di acquisto dei clienti membri del programma? Lo studio mostra che il cambio di policy ha avuto un effetto positivo sugli acquisti di circa il 70% dei clienti. I clienti che hanno reagito meglio sono i clienti basso e mediospendenti, che hanno aumentato l’ammontare della spesa e la frequenza di visita. L’effetto negativo è stato riscontrato tra i clienti altospendenti, che hanno invece reagito negativamente in termini di frequenza di visita e spesa. Le cause di questa reazione? Gli autori dello studio ipotizzano che la causa sia riconducibile alla frustrazione dei clienti per la nuova policy molto più restrittiva.
Questi risultati confermano che il cambio della policy di cancellazione dei punti, da illimitata a mensile, porti dei benefici alla maggioranza dei clienti ma anche delle conseguenze negative sui clienti più fedeli: questi clienti, proprio in virtù della particolare relazione che hanno con il retailer, sono più esigenti e hanno una maggiore probabilità di reagire negativamente a un simile cambio. Lo studio mostra anche che i clienti del retailer che erano più propensi a visitare anche i suoi competitor, a seguito del passaggio alla policy mensile di cancellazione dei punti, hanno incrementato i loro acquisti con il retailer che ha implementato il cambio di policy.
Se il programma fedeltà presuppone diversi livelli di status dei propri membri (per esempio Gold, Silver), sarebbe opportuno variare le condizioni di cancellazione dei punti per livello. Per esempio, stabilire scadenze periodiche per i clienti nei livelli più bassi del programma, e nessuna scadenza per i clienti ai livelli più alti. Questo farebbe aumentare frequenza di visita e scontrino medio per i clienti basso e mediospendenti senza arrecare danno ai clienti altospendenti.
Un’altra ricerca condotta nel 2017 (Minnema, Bijmolt e Non, 2017) dall’Università di Groningen in Olanda con la collaborazione di un’azienda partner e del governo olandese ha valutato l’efficacia di una special promotion, attuata da diverse catene di supermercati olandesi. La special promotion prevedeva due meccaniche. Con la prima si regalava al cliente, al momento del check-out, un set di pupazzetti legati ai Mondiali di calcio per ogni 15 euro di spesa. In aggiunta, i clienti venivano premiati con ulteriori pupazzetti per l’acquisto di specifici brand coinvolti nella special promotion. Gli effetti di queste due tipologie di iniziative sono stati misurati a livello individuale di cliente con le seguenti metriche: frequenza di visita, ammontare speso nelle categorie dei brand coinvolti nella special promotion e ammontare speso per l’acquisto dei singoli brand coinvolti.
I risultati dello studio hanno mostrato che la special promotion legata ai 15 euro ha portato a un aumento della frequenza di visita dei clienti. Invece, la promozione legata ai brand specifici ha aumentato la probabilità che quei brand venissero acquistati e ha aumentato anche la spesa media nelle categorie a cui i brand appartenevano. Gli effetti maggiori di queste due iniziative si sono registrati per i clienti che hanno partecipato attivamente al collezionamento. L’iniziativa ha anche avuto qualche effetto positivo per coloro che non hanno attivamente partecipato alla collezione: questi clienti hanno comunque manifestato una probabilità maggiore di acquisto dei brand coinvolti nella promozione.
Lo studio mostra quindi che associare a un rewarding classico basato sul raggiungimento di un certo livello di spesa un meccanismo promozionale non di prezzo legato solo all’acquisto di specifici brand può essere una soluzione win-win per brand e retailer: l’impatto positivo non avviene solo sull’acquisto del determinato brand, ma anche sui prodotti della relativa categoria.
Tra i brand coinvolti nella promozione non era presente la marca del distributore. Sarebbe interessante capire quale può essere la risposta della clientela a una special promotion che promuove la private label, che è peculiare quasi per ciascun retailer e può rafforzare la loyalty al retailer. Aumentare le sinergie tra programma fedeltà, marca del distributore, promozione di prezzo sui canali online e offline, sfruttando quindi tutta l’offerta di touchpoint che un retailer può offrire, può rappresentare una strategia vincente per ridisegnare i touchpoint del loyalty marketing e modellare una customer experience che porti alla fedeltà del cliente, sia attitudinale sia comportamentale.
Marco Ieva
È ricercatore di Marketing all'Università di Parma, dove insegna Customer relationship management and customer analytics e svolge attività di ricerca scientifica sui temi dell'omnichannel customer experience, del loyalty management, del retailing e della marketing innovation. Dal 2012 è senior researcher dell’Osservatorio Fedeltà dell'Università di Parma, nel cui ambito collabora su progetti di ricerca, analisi dei dati e formazione sul tema della fidelizzazione della clientela. www.osservatoriofedelta.it