Nelle elezioni politiche di alcuni dei principali paesi occidentali, le compagini di governo più moderate e di sinistra sono uscite ridimensionate o sconfitte, nonostante un diffuso e crescente benessere. È successo prima nel Regno Unito e in Germania, adesso in Italia.
Nel nostro paese le elezioni si sono giocate su 3 temi: preoccupazioni su economia e occupazione; sicurezza e immigrazione; critica al funzionamento delle istituzioni (spesso ascrivibile come antipolitica). Il dibattito si è concentrato sulle paure e su attese di forte cambiamento, e molto poco sui dati storici: si registrano infatti un aumento dell’occupazione (i contratti a tempo indeterminato nel 2018 sono in numero maggiore anche rispetto al 2007, l’occupazione cresce), una crescita del pil negli ultimi anni (anche se non si è ancora recuperato il gap con il 2007) e una produzione industriale e un export molto robusti. I reati sono scesi del 4,4% e il numero di sbarchi irregolari di quasi 100.000 unità nei 12 mesi. Riguardo alla vita dei singoli cittadini si registra un aumento di consumi e di risparmio, segno evidente di una maggiore disponibilità economica, e Istat rileva un incremento della fiducia dei consumatori. Tutto ciò con nessun effetto sui partiti al governo.
Quindi cosa sta succedendo? Perché un forte voto di cambiamento, di modifiche radicali così poco collegato con le tendenze economiche e sociali? Sullo sfondo, a prescindere dagli errori politici di questo o quel leader di partito, ci sono due grandi fenomeni, difficilmente governabili: il primo è la crisi delle élite, che non riescono più a interpretare il mondo e a offrire una chiave di lettura della realtà e una visione del futuro, con il corollario di sfiducia diffusa; il secondo è il ribilanciamento del peso geopolitico economico, che vede la classe media occidentale in difficoltà, con poche prospettive di miglioramento (se si chiede se i figli staranno meglio dei genitori, in occidente la risposta non è affermativa) e un allargamento dei soggetti in difficoltà, che si unisce a un arretramento del welfare, mentre il resto del mondo sperimenta un diffuso miglioramento della propria condizione di vita.
Questa situazione è difficile da affrontare per chi si accingerà a governare, ma si riverbererà anche sulle scelte di prodotto e canale d’acquisto: non bisogna dimenticare che il consumatore ha delle forti preoccupazioni nel medio periodo, sia per se stesso sia per i figli. Ciò determina una crescente tendenza a ricorrere a soggetti ritenuti affidabili, per sperimentazione diretta o attestazione di altri. Non è mai una fiducia data per sempre: anche un piccolo tradimento del patto cliente-fornitore potrà avere conseguenze problematiche, sia per la difficoltà che ci sarà nel recuperarne la fiducia sia per le possibilità che oggi offre la tecnologia di manifestare il proprio malcontento.
Stiamo andando oltre il “chi sbaglia, paga”: chi sbaglia rischia di pagare un conto molto salato, perché diviene l’emblema dei problemi collettivi e personali. Rischia di pagare il conto di tutti: attenzione!