Nel turbinio delle trasformazioni che hanno colpito il marketing nell’ultimo decennio, uno degli aspetti meno dibattuti è la rivoluzione del mercato dei servizi di comunicazione. Eppure è un tema centrale, non solo per le agenzie di vario tipo, ma anche per le aziende bisognose di partner affidabili che le aiutino a navigare la complessità dei mercati. Certo, la perdita di centralità dell’agenzia di comunicazione non è un fenomeno nuovo e sono lontani i tempi in cui, a grandi linee, l’offerta si divideva tra atl (le “vere” agenzie di pubblicità, più quelle di pr) e btl (agenzie specializzate in promozioni e dm).
Il primo grande sisma, storia di 25 anni fa, è la separazione tra creatività da un lato e acquisto e pianificazione mezzi dall’altro. L’agenzia a servizio completo morì, dando il via a un processo di specializzazione e frammentazione dell’offerta, accelerato poi dall’avvento del digitale e dalle nuove competenze da esso richieste. Che le grandi holding della comunicazione, come Omnicom, Wpp e Publicis, comprendano nel loro portfolio di sigle e strutture tutte queste specializzazioni è più un dato virtuale, poiché nella stragrande maggioranza dei casi le sinergie e le integrazioni promesse non si manifestano nella pratica del business. Tutto ciò proprio quando le aziende avrebbero più necessità d’integrazione e direzione strategica, a partire da una vera cultura del brand, la vera specie a rischio nel cambiamento climatico portato dalla rivoluzione digitale.
Per riempire questo bisogno, negli ultimissimi anni sono entrati nell’arena della comunicazione nuovi attori, le grandi società di consulenza che hanno fatto shopping di agenzie, comprando così sul mercato la risorsa chiave che mancava loro, la creatività. E ora si stanno ponendo come la soluzione definitiva per integrare le tre grandi aree chiave per il marketing moderno: consulenza strategica, dati e contenuti, creatività. Si chiude così il cerchio della grande ricerca del partner strategico perduto, dalla vecchia agenzia a servizio completo a una nuova entità, che alcuni hanno già battezzato con un termine piuttosto infelice e che ricorda in inglese l’idea di una gabbia: le cagency, una combinazione di consulenza e agenzia creativa.
Il punto chiave è che mentre la creatività è una risorsa che non ha bisogno di strutture di grandi dimensioni per essere generata (anzi, si potrebbe dire che valga l’opposto), tecnologia e gestione dati le richiedono. La sfida (e lo scetticismo che ne consegue) sarà pertanto integrare creatività agile con tecnologia e consulenza di alto livello, senza intrappolarla nella gabbia della grandezza. Se l’operazione dovesse avere successo, potrebbe crearsi un nuovo scenario di offerta composto dalle grandi cagency, con creatività integrata, e da una miriade di piccole boutique creative che venderanno creatività pura. In ogni caso, l’impressione è che la grande transizione nella struttura dell’offerta dei servizi di comunicazione stia per giungere a completamento.