Alcune ricerche internazionali segnalano potenziali effetti negativi, come per esempio quelli derivanti da prodotti offerti come premi a prezzi molto più alti rispetto a quelli di mercato o da una sbagliata determinazione dei criteri per le soglie dei programmi multi-tier.
L’Osservatorio Fedeltà UniPr da anni monitora le iniziative di loyalty di brand e retailer a livello internazionale, sviluppa attività di ricerca su programmi fedeltà e iniziative promozionali e monitora gli studi scientifici più interessanti pubblicati a livello internazionale sulla loyalty. A quest’ultimo proposito si fanno notare due ricerche che riguardano le conseguenze negative che possono derivare da un’errata progettazione o re-design del programma fedeltà e che sono legate soprattutto ai suoi costi, che possono aumentare significativamente a causa della meccanica di accumulo dei punti adottata, della gestione dei premi del catalogo o di tassi di redemption delle iniziative più elevati rispetto alle previsioni.
Nel primo caso, un team di ricercatori dell’Università di Monash e di Auckland (Danaher e altri, 2016), in Australia e Nuova Zelanda, ha messo a confronto i prezzi di 500 prodotti offerti come premi nei cataloghi dei programmi fedeltà di 6 compagnie aeree con i prezzi di mercato di quegli stessi prodotti, con l’obiettivo di verificare la percezione dei clienti rispetto alle differenze riscontrate. I ricercatori hanno dedotto il valore dei premi a catalogo confrontando le due modalità previste per redimere i premi stessi: l’ammontare in soli punti e l’ammontare di punti più il contributo in denaro.
L’analisi ha mostrato che per 4 programmi su 6 il prezzo medio dei premi offerti sul catalogo era più alto rispetto a quello di mercato. Non tutti i prodotti del catalogo avevano un prezzo più alto di quello di mercato, ma la maggior parte sì: in particolare erano più alti i prezzi dei prodotti di minor valore monetario e più bassi quelli dei prodotti di più alto valore monetario. Pertanto, ai membri del programma fedeltà conveniva raccogliere una quantità elevata di punti per ottenere prodotti/servizi di più alto valore monetario, come per esempio un volo in business class (i cataloghi offrivano anche i biglietti aerei come premi), piuttosto che per ottenere prodotti di basso valore.
I ricercatori hanno successivamente condotto un’indagine tramite questionario su un panel di quasi 300 consumatori australiani per capire se queste differenze tra catalogo e prezzo di mercato fossero loro note e se potessero avere un impatto sul loro comportamento di acquisto. La maggioranza dei consumatori ha dichiarato di aspettarsi che i prezzi dei premi del catalogo fossero allineati con i prezzi di mercato. Soprattutto, il 54% dei rispondenti ha manifestato rabbia nell’apprendere che i prezzi dei premi del catalogo erano più elevati di quelli di mercato, e il 10% di questi consumatori “frustrati” ha dichiarato di voler uscire dal programma fedeltà e di voler cambiare compagnia aerea. Secondo lo studio, la politica migliore sarebbe quella di allineare i prezzi del catalogo a quelli di mercato, con scostamenti di entità trascurabile per la clientela.
Il secondo studio è stato invece condotto da un team internazionale di ricercatori (Olanda, Germania, Usa e Spagna) per valutare i programmi fedeltà multi-tier, ovvero i programmi che propongono ai clienti diversi livelli di membership, determinati sulla base di criteri legati al loro comportamento di acquisto (Bijmolt e altri, 2018). Esempi di questo tipo di programmi sono My Starbucks Rewards di Starbucks, con due livelli di membership (Green e Gold), e Best Western Rewards di Best Western con 5 livelli di membership (Blue, Gold, Platinum, Diamond, Diamond Select).
I livelli vengono assegnati in funzione delle azioni del cliente: ammontare speso, frequenza di visita o acquisto di determinati prodotti o servizi. Il team dei ricercatori ha individuato, attraverso una rassegna di casi internazionali, una serie di potenziali pericoli dei multi-tier loyalty program che devono essere tenuti in considerazione per evitare effetti negativi in termini di profittabilità.
Un primo problema nasce dalle aspettative. I clienti che appartengono al livello top di un programma hanno aspettative molto elevate e un episodio di disservizio da loro vissuto può generare un effetto particolarmente negativo.
Un secondo problema, più consistente, nasce quando dei clienti devono scendere di livello nel programma a causa di un cambiamento nel loro comportamento di acquisto. Studi accademici hanno dimostrato che i clienti sono molto più sensibili a un declassamento rispetto a un avanzamento di livello nella membership dei programmi fedeltà (Wagner e altri, 2009). il cliente potrebbe attribuire il downgrading a un comportamento opportunistico o non corretto dell’azienda, e questo innesca una spirale negativa che può portare fino alla perdita del cliente e alla sua preferenza per un competitor.
Le ricerche analizzate mostrano inoltre che la scelta delle variabili e delle soglie su cui basare i criteri per attribuire un livello ai clienti non è affatto facile e scontata. Metriche incentrate sull’ammontare totale della spesa possono favorire i clienti altospendenti di categoria, mentre l’utilizzo di metriche relative di categoria (come la share of wallet o la share of requirement) favorisce i mediospendenti. Talvolta i livelli di spesa di un cliente dipendono più da variabili situazionali, come per esempio il numero dei componenti familiari, che da fedeltà attitudinale o da disponibilità a spendere. Una sbagliata attribuzione dei livelli può quindi penalizzare alcuni gruppi e portare conseguenze negative.
Inoltre, una correzione delle soglie dei livelli “in corsa”, ovvero quando il programma è già stato lanciato, può causare molta frustrazione nella clientela.
Per concludere, se da un lato la meccanica multi-tier può rappresentare un’opzione interessante per vivacizzare il programma fedeltà, dall’altro espone al rischio di effetti molto negativi che possono essere provocati dalla determinazione dei criteri per l’attribuzione dei livelli.
NON SEMPRE IL SUCCESSO È SINONIMO DI GUADAGNO
Nel 2012 il retailer statunitense Sears ha lanciato il programma fedeltà “Shop your way”, che consentiva ai clienti di accumulare punti in proporzione all’ammontare speso e beneficiare di sconti riservati e di prodotti accessibili in anteprima, di restituire gli acquisti anche senza scontrino, di usufruire di sconti sul carburante e di non avere costi di spedizione per le spese e ettuate sul canale ecommerce. L’iniziativa ha ottenuto il gradimento della clientela, tanto che gli acquisti dei membri del programma erano arrivati a rappresentare il 65% del fatturato nel secondo quadrimestre 2013, per poi salire al 75% nel secondo trimestre 2014. Tuttavia, Sears si è reso conto che il grande successo in termini di redemption aveva avuto un impatto negativo (e inaspettato) sul conto economico: “Shop your way” aveva sì contribuito a migliorare l’esperienza dei clienti, ma la marginalità era scesa a causa dei costi relativi all’introduzione del programma e dei costi legati alla redemption.
Marco Ieva
È ricercatore di Marketing all'Università di Parma, dove insegna Customer relationship management and customer analytics e svolge attività di ricerca scientifica sui temi dell'omnichannel customer experience, del loyalty management, del retailing e della marketing innovation. Dal 2012 è senior researcher dell’Osservatorio Fedeltà dell'Università di Parma, nel cui ambito collabora su progetti di ricerca, analisi dei dati e formazione sul tema della fidelizzazione della clientela. www.osservatoriofedelta.it