Alfred Hitchcock si fidava solo della moglie Alma Reville come continuity specialist.
Nel cinema, la tecnica di continuity è essenziale per dare al film una sequenza logica temporale e spaziale e per mantenere sotto controllo ogni minimo dettaglio, giacché le scene non sono girate una dopo l’altra come raccontate nel copione, ma in tempi e luoghi diversi per seguire un programma che tenga conto della disponibilità degli attori, della location, del meteo e di molti altri fattori (anche rigorosamente economici).
Così basta un dettaglio fuori posto e lo spettatore si accorge dell’errore, cade la tensione e si perde il filo della storia. Tutto questo ha a che vedere – molto più di quanto possa sembrare – con le promozioni per i beni di largo consumo.
Gli schemi promozionali (nonché le meccaniche utilizzate) si devono integrare nella narrazione dei contenuti proposti dalla marca e la devono arricchire di elementi valoriali (i vantaggi tangibili offerti dai premi).
Dunque, c’è prima di tutto un racconto la cui continuità deve essere al servizio dell’identità e personalità del brand del prodotto, ma c’è anche contemporaneamente un immediato richiamo, un invito a compiere un’azione promettendo una ricompensa.
Lo stimolo funzionale, su cui si regge qualsiasi promozione, va inquadrato nel contesto più ampio della marca e con questo deve fondersi. Ma non basta. Oggi le promozioni s’intrecciano, pro tempore, con schemi di loyalty di medio/lungo periodo, passano indifferentemente dall’offline all’online, utilizzano tanti touchpoint (dal packaging del prodotto allo scaffale interattivo, dall’installazione multimediale sul punto di vendita al gaming online e così via).
Le promozioni sono diventate più che mai dinamiche per intercettare il cliente in ogni momento della giornata e dei suoi percorsi. Il rischio è che si spezzi il fil rouge della narrazione, che si creino distonie, ambiguità, veri e propri errori che, a loro volta, indeboliscono o annullano la corretta percezione dei significati e dei messaggi del brand. Narrazioni che s’intrecciano e diventano ancora più complesse quando due aziende adottano soluzioni di cobranding (o quando ci sono sovrapposizioni fra insegna di vendita e marca d’industria).
Dal lato creatività ed esecuzione delle campagne, la modalità più diffusa è ancora quella di avvalersi di diverse agenzie e fornitori. Se indubbiamente solo la direzione marketing del brand può tenere le redini di tanta complessità comunicativa, come assicurare continuity? Da tempo, la business continuity è una solida disciplina radicata nella gestione aziendale, ma per coprire la specifica area della continuity nella comunicazione c’è una nuova figura professionale dedicata. Il suo compito è di assicurare campagne congrue e coerenti, in sintonia e in sinergia con la narrazione del brand: un preciso lavoro di audit e coordinamento, di guida e consiglio. La sola risposta possibile alla complessità è imparare a gestirla.
Andrea Demodena
Dopo la frequenza di Economia e commercio in Cattolica, si iscrive a Lettere Moderne, presso l’Università Statale di Milano, laureandosi a pieni voti con una tesi in storia dell’arte contemporanea. Come giornalista ha collaborato con Juliet, Art Show, Tecniche Nuove, Condé Nast, Il Secolo XIX, Il Sole 24Ore. Dal 2000 si occupa di marketing e promozioni. Dal 2014 è direttore di Promotion.