Carente l’attivazione in store delle promozioni

Secondo un report di Bemyeye, una corretta attivazione delle iniziative nei punti di vendita può dare risultati anche al di sopra delle aspettative riposte nell’attività promozionale

Brand e retailer stanno acquistando sempre più consapevolezza che l’efficacia dell’attivazione in store rappresenta una variabile fondamentale per la piena riuscita delle attività promozionali. È nell’ultimo miglio che si concretizzano o si disfano le aspettative riposte nelle iniziative promozionali e il relativo roi. Le possibilità di monitoraggio e d’intervento su questo aspetto risultano d’altra parte particolarmente sfidanti, per quanto assolutamente necessarie. Basti pensare ai retailer che contano migliaia di punti di vendita sull’intero territorio nazionale, difficilmente visitabili, anche solo in un numero sufficientemente rappresentativo, nel limitato spazio di tempo offerto dalle iniziative promozionali più tattiche.
A supporto di queste considerazioni, Bemyeye, agenzia operante in 21 paesi con una piattaforma di 1 milione di rilevatori, detti appunto “Eye”, presenta, nel suo “Promotional compliance report 2018”, i dati, le esperienze e le opinioni condivise da un gruppo di più di 100 senior manager, a rappresentanza di brand presenti in tutta Europa nei settori fmcg, beni di largo consumo e farmaceutico.
Si presenta da subito un primo dato eclatante, con un 73% degli intervistati che ammette di non riuscire a ottenere una piena conformità delle attività in store rispetto ai punti fissati per la compliance della promozione. Un esiguo 13% riesce nell’intento e un 14%, dato altrettanto eclatante, non ne ha la certezza, suscitando il legittimo sospetto di una certa disattenzione al tema della compliance.
Il 19% ritiene d’altra parte che un accrescimento del solo 10% in più di compliance porterebbe a un significativo incremento delle vendite nell’ordine del 15-20%. L’area d’intervento e di possibile miglioramento è palese: più della metà degli intervistati non è, infatti, in grado di tenere monitorato almeno un 40% degli store coinvolti nella promozione, pur avendo impiegato, nel 45% dei casi, le proprie (costose) forze sul campo negli audit presso gli store. Quali sono a questo punto le problematiche più frequentemente riscontrate? La ricerca evidenzia, data anche la possibilità di risposte multiple alla domanda, delle non conformità piuttosto vistose e difficilmente giustificabili. Il 77% dei partecipanti riscontra che il personale sui punti di vendita non colloca i materiali di comunicazione nei tempi stabiliti per la promozione, il 71% che il personale sposta gli stessi materiali dai punti assegnati o addirittura li rimuove. Il 30% ha esperienza di mancate consegne sui punti di vendita, e per il 45% i merchandiser incaricati non sono stati in grado di visitare tutti gli store nei tempi prestabiliti.
Quali sono stati i provvedimenti correttivi intrapresi, una volta constatate le non conformità? Il 42% degli intervistati ha coinvolto la propria forza vendita per intervenire negli store, mentre il 35% ha contattato direttamente i retailer perché si adoperassero in merito.
In assoluto, i canali distributivi più importanti, per i prodotti dei brand coinvolti nella ricerca, sono anche quelli che risultano più difficilmente monitorabili per la verifica della corretta attivazione in store. Stiamo parlando, in particolare, per i brand del fmcg e dei beni di largo consumo, delle catene di supermercati, e soprattutto dei piccoli store di prossimità. In questi contesti, il 32% degli intervistati ritiene che un incremento di soli 10 punti in più di compliance porterebbe a un aumento delle vendite tra l’11 e il 20%. Queste considerazioni scaturiscono da un 66% dei partecipanti, che inserisce l’attivazione nei parametri di misurazione dell’efficacia della campagna e del relativo roi.
Oltre ai risultati della ricerca, nel report 2018 di Bemyeye troviamo anche significativi riscontri di quanto rilevato nel tempo dal network di “Eye”, coinvolto nel monitoraggio di diverse promozioni in store. Tra i casi più eclatanti, l’assenza, nel 72% dei punti di vendita visitati, del display approntato per la promozione di un prodotto pet. L’assenza sul fronte cassa, nell’86% dei punti di vendita, di uno snack, leader dell’acquisto d’impulso, nel periodo di uno dei maggiori eventi sportivi, fino ad arrivare a un’assenza nel 93% dei casi del cartellino a scaffale di un popolare prodotto di personal care. Da menzionare, in ultimo, anche la mancata attivazione del plan promozionale di un brand di birre nel 70% dei punti di una rete di vendita di ben 3.000 store.
Non mancano però anche delle case history di successo, dove l’intervento di monitoraggio ha portato a prendere per tempo i dovuti accorgimenti per ottenere un incremento delle performance della promozione, come nel caso del lancio di un prodotto di punta di un’azienda di consumer electronic che, grazie al presidio su 2.000 location distribuite in 15 paesi, ha portato a una crescita del 30% dell’attivazione sugli store e del 70% nelle raccomandazioni del brand. Un marchio, leader delle bevande non alcoliche, dopo una prima serie di monitoraggi e conseguenti interventi, è passato dall’assenza del prodotto messo in promozione nel 70% dei punti di vendita a un notevolmente più contenuto 37%, con tutto il vantaggio per le vendite nel periodo.
Tutti i dati del report confermano in sostanza che una corretta attivazione in store può dare risultati di vendita anche al di sopra delle aspettative riposte nell’attività promozionale. La domanda che sorge spontanea a questo punto è quanto questa fondamentale variabile venga effettivamente ponderata, specialmente da quei brand e retailer che non l’hanno mai particolarmente tenuta sotto osservazione. Una rinnovata attenzione potrebbe dare dei risultati apparentemente sorprendenti, forse già a portata di mano da tempo.

Gabriele Dorfmann