Sull’evoluzione dell’editoria e della carta stampata sono stati scritti fiumi di parole, e molte ne verranno scritte ancora.
Alcuni fatti recenti, sviluppi di quelle che i venditori pubblicitari chiamano “iniziative speciali”, che sembrano creare nuovi spunti di business, passano attraverso il licensing, il content licensing e arrivano a toccare l’area del “retailtainment”.
Molti editori si sono già avventurati in progetti di brand licensing: Mondadori iniziò addirittura nei primi anni del 2000 con Men’s Health, convinta (giustamente) che la rivista contenesse valori degni di essere estesi in categorie di prodotti che la portassero fuori dall’edicola generando royalty interessanti. E non è certo un caso che la stessa Mondadori oggi partecipi agli eventi di licensing come Milano Licensing Day per ricercare licenziatari in maniera proattiva. Anche riviste femminili come Cosmopolitan ed Elle hanno già percorso attivazioni di licensing su prodotti fashion e accessori, arrivando anche alle licenze dirette alla distribuzione, come la linea Cosmopolitan con Carrefour.
La cessione in licenza del brand come valore aggiunto per prodotti di consumo è però il primo e forse più ovvio spunto, ma alcune variazioni su questo tema sono già state innestate con successo tramite la cessione dei contenuti “decorativi” o fotografici: le ricche banche immagini degli editori e il know-how degli archivisti vengono messi a disposizione di aziende e agenzie per personalizzare prodotti o campagne di comunicazione, con accordi che spesso prevedono remunerazioni variabili tramite royalty. Ma è il retail l’ultima frontiera che vede gli editori innovativi spendersi come licensor. Wallpaper store online ha aperto da due anni tramite un accordo con The Level Group, sviluppatore italiano di siti di ecommerce. Monocle, ossessionata dalla carta e dal tangibile, ha aperto due negozi, uno a Londra e uno a Tokyo, mentre sulla rivista (e online) propone una serie di prodotti esclusivi cobranded by Monocle. L’italiana Editrice Domus sta estendendo il business con un neonato progetto di licensing su Cucchiaio d’Argento, mentre con la testata Domus sviluppa progetti in cobranding con aziende e marchi lifestyle. Persino Condé Nast, da sempre restia a cedere i propri brand in licensing, oltre a strutturarsi in Usa con una divisione interna che si occupa di licensing di contenuti e di brand licensing, ha aperto l’anno scorso all’interno dell’aeroporto di Newark il primo Wired store, negozio tematico di gadget hi-tech concesso in licenza a uno sviluppatore specializzato. Sempre Condé Nast ha lanciato una nuova formula che include retail, collaboration e cobranding: con “GQ for Gap”, la rivista diventa curatore e selezionatore di brand come Balmain, DSquared2 o Msgm che disegnano collezioni di abbigliamento esclusive, prodotte e distribuite da Gap in edizione limitata a livello globale. Il processo evolutivo è reso fluido grazie anche alla diversa percezione dei consumatori, ormai abituati a fruire dei contenti su supporti diversi. Anche su prodotti di consumo.