La saggezza contadina soleva vaticinare il tempo futuro osservando il clima dei primi di febbraio, e se oggi dovessimo prevedere il futuro partendo dalla situazione economica generale a inizio d’anno, le preoccupazioni sarebbero più d’una. La brusca frenata che ha colpito i mercati ha interrotto una fase di ripresa iniziata in Italia con ritardo e con ritmi di crescita inferiori rispetto alle altre maggiori economie. Diversi studi (Prometeia, Ref, Centro studi di Confindustria) sono abbastanza allineati nel prevedere una situazione ove si concentra sia una stasi nella domanda internazionale di prodotti italiani sia una possibile debolezza della domanda interna, nonostante i tentativi del Governo di sostenerla tramite spesa pubblica, finanziata con un incremento delle imposte e debito.
È in calo il commercio globale, per vari fattori: trend protezionistico, tensioni Usa-Cina e in altre aree (Medio Oriente, Venezuela, Brexit). l’Italia fatica dalla metà del 2018: le vendite all’estero sono diminuite a causa del calo verso Turchia, Russia, Giappone, Opec, Mercosur, del rallentamento cinese e della frenata della produzione tedesca, che genera molta della domanda di semilavorati italiani. Scende la produzione di beni strumentali e peggiorano le valutazioni delle imprese sulle condizioni per investire; inoltre, le indagini del Centro studi di Confindustria mostrano una stretta sul credito alle imprese. Reddito di cittadinanza, quota 100, investimenti; la spinta al Pil presunta è ora di + 0,4% (da + 0,6), ma in parte questo è compensato dal maggiore spread, per cui Prometeia stima un Pil 2019 pari allo 0,5% nel 2018 e allo 0,7% nel 2019.
Tutto nero? L’economia europea continua a espandersi a ritmi moderati perché i consumi beneficiano di incremento di occupazione e discesa della disoccupazione (7,9% a dicembre), ma sono frenati da una fiducia che resta bassa; prosegue il ciclo degli investimenti industriali. E anche per i consumi italiani il quadro è meno cupo, anche se fragile: la fiducia delle famiglie recupera, la produzione di beni di consumo cresce, le vendite al dettaglio sono ancora positive (+ 0,7% a novembre); ma al contempo vanno male i semidurevoli e soprattutto le vendite di auto, mentre si divarica sempre più la fiducia dei consumatori e il loro effettivo comportamento d’acquisto In questa situazione il successo delle imprese sarà legato alla capacità di interpretare la situazione, ricordando l’insegnamento principale della crisi del 2007-2011. Il consumatore da una parte è sempre più ponderato nelle proprie scelte, per cui cerca conferme sia dell’effettiva qualità dei prodotti e servizi cui è interessato sia della razionalità del prezzo che gli si chiede di pagare.
Dall’altra cerca dai propri acquisti un appagamento che va oltre il valore d’uso, cerca emozioni positive che lo rasserenino e lo rassicurino di una situazione generale che tende a preoccuparlo. Soddisfare entrambe queste esigenze sarà una chiave di successo.