La seconda edizione di Gamification Europe, tenutasi ad Amsterdam il 26 e 27 novembre 2018, è stata l’occasione per definire lo stato dell’arte dell’utilizzo della gamification nelle organizzazioni aziendali, in un momento storico in cui ancora poca considerazione viene data a ciò che effettivamente motiva e spinge le persone verso determinati comportamenti socioeconomici. Nel corso dei due giorni di incontri, 18 speaker, ospiti di rilievo in campo della ricerca e dell’imprenditoria, si sono confrontati in speech e panel discussion sull’evoluzione della gamification, i nuovi trend e le implicazioni a livello di business. La ricerca di Marigo Raftopoulos, consulente e ricercatrice australiana, ha rivelato come innovatori ed early adopter hanno perso entusiasmo in modo significativo per il troppo “hype, overpromise and undeliver” di tanti progetti.
Le aziende, oggi, sono alla ricerca di prodotti innovativi, completamente integrati e di una maggiore enfasi sulla gamification strategica per rispondere ai problemi di business. La maggior parte dei relatori ha concordato sul fatto che le tattiche a breve termine con investimenti mediocri siano la causa degli scarsi risultati ottenuti da molti progetti di gamification, che si tratti di ambito commerciale, di apprendimento, di change behaviour o di puro intrattenimento. L’individuazione della reale motivazione dell’utente, per poi stimolarla in un percorso di fidelizzazione, di apprendimento o di acquisto, necessita da un lato di un rapporto di medio lungo periodo, dall’altro di un’esperienza narrativa che renda possibile un transfer di emozioni e riflessioni da e verso l’utente finale, attivandone i driver ben oltre le azioni immediate, come ha sottolineato la startupper olandese Melinda Jacobs.
Secondo Steve Bocska, ceo di Pug Pharm Productions, si tratta di spostare il focus dal “to bribe” (corrompere) al “to move” (muovere): i progetti di engagement & loyalty vanno formulati nell’ottica di riconoscere le motivazioni intrinseche dei gruppi di consumatori per garantire coinvolgimento e retention dell’utente finale. La progettazione strategica della gamification permette infatti di condensare centinaia di ore di gameplay per poi tradurle in attitudini comportamentali per gruppi specifici in relazione al soddisfacimento di bisogni naturali, sociali e culturali. Quindi si parla solo parzialmente di ambienti di gioco in cui abbondano punteggi, badge e classifiche: questi strumenti sono parte integrante dello sviluppo tattico, ma spesso non incoraggiano azioni specifiche, anzi, a volte creano un problema di fiducia verso le meccaniche di rewarding promosse.
Per orientare il progetto di gamification all’ottenimento di attenzione, impegno e coinvolgimento del consumatore occorrono leve di medio lungo termine, che includono: visione strategica incentrata sulla persona e le community; journey personalizzati in termini di ritmo d’apprendimento e ricompensa, offrendo un ambiente di engagement dotato di strumenti esplorativi; framework feedback, collaborazione e coaching a livello di community; mentalità aperta nell’apportare al progetto valori ben definiti; cultura distintiva e recognition reale dell’utente.
Il futuro della gamification secondo Michael Wu, data scientist e ai strategist, è correlato alla natura ubiqua di ai e iot e all’automazione dei processi decisionali. L’apprendimento predittivo degli ai è infatti massivamente data driven: le tecniche di gamification agevoleranno il processo di apprendimento di quali meccaniche motivano determinati gruppi di utenti, coadiuvando l’evoluzione dei modelli predittivi. Le nuove intelligenze artificiali faranno pratica giocando: agli umani la responsabilità di modellare, attraverso la gamification, schemi di comportamento positivi.