Oggi più che mai il marketing è people-centric. Per questo, le aziende hanno la necessità di acquisire una conoscenza sempre più approfondita di chi sono i loro clienti come persone, non solo come semplici consumatori. Infatti, anche quando affermano di conoscere i propri clienti, spesso le aziende fanno riferimento a quelli che potremmo chiamare dati “hard”: dati socio-demografici, economici e geografici, a cui talvolta si aggiungono dati di comportamento, quali lo storico degli acquisti o i contenuti visualizzati nei touchpoint digitali come siti web e app.
Se fossero persone, potremmo dire che i brand utilizzano solo la parte sinistra del cervello, quella razionale. Ma ciò che rende gli esseri umani così efficaci nell’interazione con gli altri è il completamento della parte razionale con la parte emozionale: il lato destro del cervello. Nel mondo digitale questa parte destra del cervello s’identifica con i dati “soft”: i desideri, le motivazioni, le emozioni e la personalità dei clienti.
Questi dati “umani” sono diventati essenziali. Per capirne l’utilizzo, prendiamo a esempio il principio della riprova sociale, che fa leva sulla nostra tendenza a seguire la maggioranza, a guardare a ciò che fanno gli altri e ad agire coerentemente con il gruppo. Pensiamo ad Amazon e ai suoi suggerimenti di prodotto, con i quali fa un ampio uso della riprova sociale: “Chi ha acquistato questo articolo ha acquistato anche…”; “Spesso comprati insieme” e così via.
Sapere che cosa comprano altre persone è importante per aiutarci – come clienti – a compiere buone azioni d’acquisto. Ma in quanto marketer dobbiamo chiederci: questo aspetto è davvero rilevante per tutti i miei clienti? Vediamo un esempio. Lucia è una ragazza che vuole sentirsi unica; in psicologia diremmo che ha uno spiccato “bisogno di unicità”. È creativa, originale e un po’ eccentrica. Se Lucia comprasse un vestito e lo vedesse indossato da qualcun altro, per strada o a un party, ne rimarrebbe delusa. Ora vediamo Emma: vuole sempre essere parte di un gruppo, ha una caratteristica che definiremmo “bisogno d’appartenenza”. È la tipica ragazza che, quando deve scegliere un outfit, ha prima bisogno di vedere cosa indossano gli amici e cosa consigliano gli esperti.
Personalizzare il messaggio in base alle caratteristiche uniche del cliente, rispecchiando le sue attitudini e particolarità è un processo naturale nel mondo offline, nell’interazione con il personale di un punto di vendita, ma ancora pressoché sconosciuto online. La tecnologia sta colmando questo gap, per permettere alle aziende di essere più “empatiche” con i loro clienti. La comunicazione digitale è più efficiente per il numero di persone che può raggiungere simultaneamente, su vasta scala, ma la comunicazione umana rimane più efficace per le sue capacità di differenziazione, flessibilità e adattamento alle specifiche caratteristiche del ricevente.
Elementi quali persuasione, comprensione dell’altro ed empatia stanno rapidamente diventando il vantaggio competitivo delle aziende che sanno coltivarle attraverso una comunicazione personalizzata.