Paywall sì o paywall no? In Europa si discute ancora molto su come gestire l’accesso ai contenuti da parte del pubblico.
Tema sdoganato in America, dove la scelta dei principali network è decisamente orientata verso l’hard paywall, mentre in Italia si sperimenta un mix tra contenuti gratis e a pagamento.
“Subscription” è ormai diventata una parola chiave, il modello economico verso il quale si orientano le aziende, rincorrendo le novità portate da colossi come Amazon, Netflix, Adobe. Il caro vecchio abbonamento torna di moda, suddiviso in tanti micropagamenti ricorsivi parte di un meccanismo di lock in dell’abbonato che stabilisce con l’azienda un rapporto di lungo periodo.
Nel mondo dell’editoria il vero cambio di paradigma si gioca dietro quel paywall. Oltre a sbloccare la lettura dei contenuti, il pagamento deve offrire l’accesso al mondo del brand, facendo sentire l’abbonato membro di una community più o meno elitaria.
“Membership” è la vera buzz word del momento. Infatti, il consumatore si aspetta che il brand sia in grado di costruire un mondo di attività in cui essere coinvolto, in virtù dell’appartenenza a quel mondo. Il Times, uno dei giornali più rilevanti in Uk, ha optato per un hard paywall e due tipologie di subscription. Con una fee mensile intorno alle 14 sterline l’abbonato accede semplicemente alle news, con una fee poco più alta entra nel programma Times+, che gli permette di essere invitato a eventi di networking esclusivi, dibattiti politici con giornalisti e personaggi pubblici rilevanti, ma anche di ricevere contenuti personalizzati per i propri hobby, come per esempio ricette e sport, o sconti per mostre, ristoranti e cinema e, ancora, partecipare a concorsi riservati.
Costruire un modello di membership presuppone la capacità di proporre contenuti rilevanti, ma anche di riuscire a mappare il comportamento del singolo utente, per potergli suggerire stimoli personalizzati in base al suo profilo, facendolo sentire ancora più al centro delle attenzioni della marca. Diventa quindi imprescindibile l’utilizzo di tecnologie, come le customer data platform, che permettono di analizzare la customer journey dell’utente, nella navigazione all’interno dei contenuti e nella risposta agli stimoli, per definire profili comportamentali preziosi, sia per dialogare in modo mirato con ogni singola persona, sia per costruire micro community attorno ad argomenti verticali, come moda, scienza, politica, sport, cucina.
Attorno a ogni brand, dell’editoria o meno, ruota un universo eterogeneo di persone, che si avvicinano alla marca per diverse motivazioni.
Dietro quelle persone ci sono passioni e interessi da scoprire, che aprono la strada per una relazione di lungo corso e per una monetizzazione legata ad attività di comarketing.
La vera sfida oggi è avere il coraggio e la forza di cambiare il proprio modello.