Il proliferare di testate, sotto l’egida di aziende di marca e della distribuzione, sembrerebbe indicare un euforico stato di salute dell’editoria e una propensione alla lettura che coinvolge folle immense.
Praticamente non c’è azienda che non si sia confezionata una newsletter digitale, una rivistina in carta rigorosamente riciclata, un bimestrale patinatissimo, un notiziario a periodicità mobile (ovvero esce quando può), un fiume di stories messe online sulle piattaforme social. La moltiplicazione degli editori di per sé sarebbe una buona notizia, peccato che si riscontri invece una caduta verticale di lettori di vere testate giornalistiche e drammatiche chiusure di redazioni, e viene qualche dubbio sull’editoria delle aziende con domande di rito quali: a chi giova? Che vantaggi apporta? Il settore della grande distribuzione è particolarmente attivo in questa forma di nuova editoria con la pubblicazione costante di newsletter e (come nel caso di Esselunga) di vere e proprie riviste. È una storia che inizia da lontano, hanno fatto da apripista i volantini che, dalla funzione meramente di segnaletica delle offerte, sono passati a dare consigli per l’utilizzo dei prodotti, mentre i cataloghi degli schemi loyalty sono stati antesignani nel “dare il tono”, ovvero nell’utilizzo di grafica e immagini lifestyle (a loro volta mutuate, per non dire scopiazzate, dallo stile delle riviste femminili più in voga).
Pensiamo al target: è profilato? Si sa a chi parlare? In epoca di big data si dovrebbe sapere tutto fino al minimo dettaglio e in tempo reale. Invece non è così, perché i contenuti sono standardizzati e persino quelli che potrebbero essere agevolmente personalizzati (nel formato digitale delle newsletter e negli sms) portano le stesse tematiche a tutti.
Se andiamo a guardare dentro al contenuto si scopre una serie di argomenti puramente autoreferenziali, l’insegna parla di sé e della sua offerta, al massimo accanto alla lode per la convenienza c’è qualche suggerimento d’uso e l’immancabile accenno alla ecosostenibilità. Stranamente, pur essendoci sistemi interattivi, nessuna delle versioni online di newsletter e riviste apre il dialogo con i lettori, qualcuna annuncia solo dati quantitativi circa visite alla pagina, like, rilanci (saranno veri?). Il “lascia un commento” fa paura? Nella versione cartacea non ci sono qr code né vecchi né di ultima generazione, quindi niente approfondimenti, accessi al sito web e interscambi. C’è un affollamento on/ offline di strumenti editoriali omologati, ma pur profondendo investimenti pare che nessuno si preoccupi di differenziare, personalizzare nonché verificare se esistono lettori che si degnino di dare un’occhiata o perfino leggere.
Ormai l’obiettivo è essere ovunque e comunque con una presenza assidua, saturante ogni spazio (direi da stalking). Ha senso lasciar morire testate giornalistiche e inondare spazi fisici e virtuali con questa editoria da grande distribuzione?
Autoreferenzialità e inconsistenza nell’editoria della distribuzione
Marilde Motta12/03/2020