Per indagare come sono cambiate le abitudini d’acquisto dei consumatori europei e statunitensi durante l’emergenza Covid-19 Blue Yonder, società specializzata nello sviluppo di piattaforme e soluzioni per realizzare supply chain digitali, integrate e autonome, ha condotto una ricerca nei mesi di marzo e aprile attraverso la somministrazione di 6.018 questionari online a cittadini europei (2.000 nel Regno Unito, 1.000 in Francia, 1.000 in Germania, 1.000 in Italia, 1.000 in Svezia) e statunitensi (oltre 1.000).
Dalla ricerca è emerso che in entrambi i continenti il settore della vendita al dettaglio di generi alimentari è stato inondato dagli ordini online e che ciò ha portato conseguenze al servizio offerto dai retailer, in particolare sotto il profilo dei ritardi e della disponibilità dei servizi di consegna.
Negli Stati Uniti quasi tre quarti (74%) dei consumatori intervistati (nel mese di aprile) ha affermato di fare più acquisti online che in negozio e oltre i due terzi (69%) di continuare ad acquistare generi alimentari in negozio nonostante la pandemia. Tra i consumatori statunitensi che hanno usufruito della consegna a domicilio di generi alimentari, più della metà (54%) ha dichiarato che ci sono stati ritardi, e il 28% ha affermato che la consegna ha subito oltre tre giorni di ritardo.
In Europa quasi due terzi (63%) degli acquirenti che stanno spendendo di più online per la spesa quotidiana afferma che continuerà a farlo anche una volta che la crisi sarà superata. Lo shopping in negozio continuerà a svolgere un ruolo importante, tuttavia il 19% degli intervistati europei (il 23% in Italia) ha dichiarato che probabilmente visiterà i negozi di alimentari e largo consumo meno di quanto facesse prima, un dato che sale al 27% (34% in Italia) per le altre tipologie di negozi.
La disponibilità delle scorte è stata ed è una delle principali sfide per i retailer durante la pandemia: negli Usa quasi nove consumatori su dieci (87%) si sono confrontati con la mancata disponibilità di prodotti, il 75% ha dichiarato di essere più propenso ad acquistare lo stesso prodotto da un rivenditore diverso nel caso fosse esaurito presso quello abituale, mentre il 78% ha affermato che preferiva comprare un prodotto di un’altra marca presso lo stesso retailer, se quello del brand desiderato era esaurito.
In Europa il 38% degli acquirenti ha dichiarato che, rispetto all’inizio della crisi , capita più spesso che i loro articoli e brand preferiti siano esauriti presso la grande distribuzione. I consumatori hanno indicato che prima della crisi ritenevano prioritari, nell’ordine, prezzo (72%), gamma di prodotti (54%) e disponibilità di stock (48%). I dati equivalenti per l’Italia sono prezzo (76%), disponibilità delle scorte (57%) e gamma dei prodotti (55%). Ora invece, la disponibilità dei prodotti è balzata al primo posto (58%), seguita da prezzo (56%) e gamma di prodotti (39%). Anche in Italia si colloca al primo posto la disponibilità dei prodotti (64%), seguita da prezzo (60%) e dalla prossimità del negozio (42%). Questo dato mette in evidenza la rilevanza della prossimità per i consumatori italiani, che per gli intervistati europei si colloca invece tra il quarto e il quinto posto.
Tra gli altri risultati chiave della ricerca, emerge che in Europa quasi la metà (47%) dei consumatori spende di più per i generi alimentari, con oltre un terzo degli intervistati (35%) che ha dichiarato di aver aumentato gli acquisti di generi alimentari online. In Italia il 44% degli intervistati ha dichiarato di aver aumentato gli acquisti online di generi alimentari, e il 40% quelli online di generi non alimentari.
In Europa, più della metà (58%) dei consumatori ha ridotto le spese di abbigliamento (il 77% in Italia, il 68% in Francia, il 57% in Uk, il 48% in Svezia e il 39% in Germania). C’è stata una tendenza simile per i settori fai da te ed elettronica, che hanno registrato una diminuzione della spesa rispettivamente da parte del 40% e 45% (il 48% e 61% in Italia). Comprensibilmente, il settore sanitario ha invertito il trend, con il 23% degli acquirenti che ha detto di aver speso di più durante questo periodo ( contro una media del 17%, in Italia 26% ).