Una delle cose più difficili da far comprendere a chi dall’estero vuole fare un concorso in Italia è l’inflessibilità della nostra normativa sulle manifestazioni a premio che vieta qualsiasi cambiamento delle regole di un concorso durante lo svolgimento, per non parlare di un eventuale annullamento. Questo perché in Italia le manifestazioni a premio sono considerate “promessa al pubblico”, un negozio unilaterale che vincola chi la effettua fin dal momento in cui è resa pubblica per tutta la sua durata e non ne permette in alcun modo la revoca, se non per giusta causa: e si badi bene che per giusta causa non si intende, per esempio, che sia finito il budget o che il concorso non stia andando come sperato. Cosa diversa quanto accaduto nel periodo della pandemia, durante il quale è stato possibile procedere con alcuni annullamenti di concorsi, ritenendo la motivazione valida.
In altri paesi, tuttavia, i concorsi e le operazioni a premio non sono considerati giuridicamente una “promessa”, ma piuttosto una “offerta al pubblico” che configura la revocabilità della proposta: ciò comporta che concorsi e operazioni a premio possano essere utilizzati con maggior flessibilità, ma non con meno serietà. Infatti, seppure nei terms&conditions dei contest rivolti al pubblico di questi paesi troviamo spesso la facoltà insindacabile del promotore di annullare la promozione o cambiarne le condizioni, a tutti gli effetti questa facoltà non viene mai esercitata. Probabilmente, il fattore culturale fa sì che non occorra una fattispecie giuridica per garantire la serietà della promessa, essendo sufficiente il senso di etica dei promotori e la volontà di tutelare la propria immagine a garantire che la promessa verrà rispettata.
Ci sono paesi in cui non vi sono neanche leggi dello stato a regolamentare le manifestazioni a premio, ma sono gli stessi operatori del marketing a creare i codici di disciplina e autoregolamentazione per garantire un comportamento omogeneo dei promotori, mentre i destinatari sono garantiti dalle leggi di protezione dei consumatori. Si tratta di una impostazione diversa, che consente di organizzare le promozioni con maggior flessibilità.
La differenza giuridica sostanziale fra promessa pubblica e offerta commerciale è anche il fondamento sul quale si basa l’obbligo di garantire, sempre e comunque, il premio delle operazioni a premio senza che sia possibile porre un tetto alla promessa: la classica dicitura “fino a esaurimento scorte”, vietata nelle operazioni a premio, è invece consentita nelle offerte commerciali. Io penso che questo sia un limite importante per le strategie promozionali delle aziende che spesso, non potendo calcolare il rischio di una over redemption, preferiscono rinunciare ad alcune iniziative quando basterebbe, invece, imporre dei parametri quantitativi di congruità nella disponibilità dei premi e una informazione trasparente sulle disponibilità residue, per salvaguardare la buona fede dei consumatori e, al contempo, rendere questa strada percorribile senza rischi esagerati per il promotore.