Da oltre un anno il commercio locale, a causa della pandemia, oscilla fra aperture limitate e chiusure. Un’alternanza che causa problemi economici in particolare ai negozi di vicinato a conduzione familiare e ad attività che sono usufruibili solo dal piccolo bacino di utenza locale. Non meno penalizzato è il commercio ambulante.
Moltissimi dei quasi 8.000 comuni italiani sono sotto i 20.000 abitanti e sono localizzati lungo l’arco alpino e appenninico, dove solo le città di fondovalle sono state interessate da investimenti della gdo; ma appunto queste località più grandi vanno raggiunte e non sempre è possibile farlo. Moltissimi di questi piccoli comuni hanno anche perso il flusso turistico. E penalizzati sono anche gli esercizi commerciali a conduzione familiare nelle medie e grandi città, ma le loro problematiche sono diverse da quelle dei paesini. Nelle città la concorrenza è data soprattutto dall’ecommerce che, per velocità d’adozione, ha sorpreso all’inizio pure la grande distribuzione.
È una rete di solidarietà e di partecipazione che va preservata
Nei piccoli centri urbani vi è un effettivo depauperamento dell’offerta commerciale che diventa anche povertà relazionale. Il punto di vendita di qualunque genere, dal parrucchiere all’edicola, dal salumiere alla lavanderia, è un centro di relazioni umane, di scambi interpersonali che nelle grandi città non si registra più. Quello della relazione umana è un aspetto poco considerato e passa sempre in secondo piano rispetto agli evidenti problemi economici. Nelle cittadine, nei paesini lo scambio di “due parole” con il negoziante e gli altri avventori è un rito di comunità che va reso di nuovo possibile e valorizzato.
Non ci sono videochiamate né ecommerce che lo possano sostituire. È una rete di solidarietà e di partecipazione che va preservata. In questi mesi abbiamo assistito a estemporanei interventi d’amministrazioni locali e di gruppi spontanei di gestori d’attività commerciali in piccoli centri che hanno cercato di promuovere il commercio locale. Sono state lanciate iniziative senza conoscere le basi delle discipline di comunicazione e ignorando talvolta persino che ci sono norme, prassi amministrative e adempimenti fiscali da onorare. Le promozioni sono materia per specialisti, così pure il geomarketing che può intervenire con precisione su bacini d’utenza in microaree geografiche. La situazione sanitaria, anche con l’avvio delle vaccinazioni, non risolverà il problema in tempi brevi.
Occorre dunque aiutare le comunità locali a formulare piani corretti di promozione che abbiano il fine di procurare un effettivo beneficio alla popolazione e rilancino le potenzialità inespresse del commercio locale. Programmi che vanno pensati per il medio-lungo periodo e coinvolgano una pluralità di soggetti, in particolare in aree che potrebbero sviluppare la componente turistica e la valorizzazione di produzioni agroalimentari poco note. Le promozioni hanno strumenti per consolidare anche la rete di relazioni personali.
Andrea Demodena
Dopo la frequenza di Economia e commercio in Cattolica, si iscrive a Lettere Moderne, presso l’Università Statale di Milano, laureandosi a pieni voti con una tesi in storia dell’arte contemporanea. Come giornalista ha collaborato con Juliet, Art Show, Tecniche Nuove, Condé Nast, Il Secolo XIX, Il Sole 24Ore. Dal 2000 si occupa di marketing e promozioni. Dal 2014 è direttore di Promotion.