Al Ces di Las Vegas (la fiera delle tecnologie) di metaverso si era cominciato a parlare anni fa e non certo come di una Fenice che rinasce dalle ceneri di Second Life. Tecnologie informatiche molto più avanzate (nate sulla scia di blockchain e di distributed ledger) consentono oggi di accedere a quelle che vengono etichettate come esperienze immersive tramite realtà aumentata, 3d body scan, simulatori e soluzioni che offrono diversi gradi di servizi personalizzati o perfino “oggetti” unici come i nft (non-fungible token). Il tutto alla portata di un semplice smartphone o di installazioni in punti di vendita fisici così da creare immediate integrazioni fra virtuale e reale.
La sua dimensione ludica sembra capace di incrementare l’adesione all’identità del brand rafforzando la fedeltà
Naturalmente nel metaverso si può pagare in criptovalute (la più nota fra esse è il bitcoin), ma anche in solida moneta come euro e dollari protetti dalle riserve auree nelle banche centrali. Assistiamo a una massiccia trasformazione del sistema retail che non ha nulla a che vedere con l’ecommerce (questo è solo l’evoluzione degli ordini di beni via catalogo postale, inventato a metà ‘800). Il metaverso è una concreta piattaforma di business per le aziende, fruibile semplicemente, alla portata di tutti e destinata ad attrarre persone che vorrebbero dilettarsi fra esperienze reali e virtuali. Qui viene il punto: dilettarsi sembra il verbo perfetto. Intanto il metaverso nasce come fiction creata da Neal Stephenson con il suo romanzo di fantascienza intitolato “Snow Crash”, pubblicato trent’anni fa.
Un mondo virtuale specchio di quello reale, ma migliorativo, piacevole, aperto a tanti e diversi utilizzi che le aziende si stanno immaginando in attesa di accogliervi folle di potenziali clienti. Questi potranno girare, provare esperienze, giocare ed eventualmente fare acquisti in una dimensione gioiosa, sorprendente, euforica. Il metaverso non conosce noia, insoddisfazione, frustrazioni. I brand del lusso tanto quanto quelli del mass market, che già vi sono approdati, stanno creando un ambiente accogliente, dove talvolta non è nemmeno necessario acquistare, ma quel che predomina è il partecipare. Le marche puntano a bisogni intangibili che spingono le persone a identificarsi con la proposizione propria di ogni brand. Dalle prime iniziative delle aziende sul metaverso sembra che la dimensione ludica sia quella che ottiene i migliori risultati, incrementando l’adesione all’identità del brand e rafforzando la fedeltà.
Se si guarda all’engagement tramite gaming, il metaverso appare come un fertile terreno per la dose quotidiana di diletto. Le meccaniche promozionali dovranno adeguarsi al continuo trasferimento fra reale e virtuale. Il packaging farà la sua parte (qr code evoluti, realtà aumentata, esplorazione della filiera semplicemente inquadrando le etichette con lo smartphone), i floorstand offriranno simulazioni virtuali, i brand inviteranno a valicare la porta di ingresso al loro metaverso pur tenendo i piedi per terra e spingendo il carrello del supermercato dietro casa. Siamo nella fase di entusiasmo, ma quanto durerà per poter recuperare gli ingenti investimenti?