Ebbene sì, ho iniziato a segmentare i clienti negli anni ’90. E non ho più smesso! A ben vedere, il primo esempio di segmentazione l’ho vissuto negli anni ’70 con “il signor Luigi”, il fruttivendolo di fiducia di mia madre che, intuitivamente, applicava un’efficace segmentazione quando regalava a mia madre alcuni pezzi di frutta molto matura, ideali per la macedonia. Aveva capito il potenziale di spesa di una famiglia di 7 persone e, a modo suo, utilizzava un crm di successo, apprezzato da mia madre. Non solo: Luigi riusciva anche a modificare l’assortimento e a migliorare il servizio (consegna a casa), seguendo e anticipando le indicazioni della clientela. Sono passati più di 50 anni, eppure gli obiettivi permangono invariati: sono cambiate le dimensioni dei negozi, i mezzi e i canali di comunicazione, ma i principi alla base della relazione con i clienti rimangono validi.
Il concetto di Dna nasce dalla composizione di tanti tasselli di conoscenza che permettono di creare profili unici.
Oggi si è più capaci di conoscere il cliente, applicando una serie di segmentazioni che consentono di mettere in luce insight mirati su esigenze conclamate e attese. Insomma, si è in grado di costruire un customer Dna e la segmentazione diventa “one to one”. Alla tradizionale segmentazione rfm (recency, frequency, monetary) se ne affiancano altre più sofisticate per comprendere il life stage dei consumatori, le fasi del ciclo di vita dei clienti rispetto alla relazione con l’insegna, la sensibilità al prezzo, le missioni di acquisto, la predisposizione ai canali di comunicazione e tanto altro. Ecco spiegato il concetto di Dna, perché si compongono tra di loro tanti piccoli tasselli di conoscenza per definire un profilo unico per ogni cliente. Oggi la migliore conoscenza dei clienti abilita nuove modalità commerciali non solo nell’ambito del crm. Grazie al Dna dei clienti si generano insight rilevanti per la gestione degli assortimenti, determinando l’albero decisionale per la gestione delle promozioni, per proporre i prodotti giusti al momento giusto e per cogliere la percezione di prezzo dei clienti e l’azione sui prezzi dei prodotti che contano.
Le soluzioni attualmente disponibili consentono di migliorare il customer journey non solo nella direzione insegna/cliente ma anche e soprattutto cliente/insegna, il che permette di rispondere in modo contestuale e appropriato, ma anche di raccogliere interazioni che seguono importanti dati migliorando la segmentazione. Un ciclo virtuoso infinito che porta al rinascimento del retail media. Non si tratta solo di belle teorie. La case history di Tesco “Food love stories” ne conferma la bontà. Si tratta di una campagna di customer engagement che ha messo al centro i clienti e la loro relazione pratica ed emozionale con il cibo e la sua preparazione: l’iniziativa ha visto la creazione di decine di storie differenti, basate su un’avanzata conoscenza dei clienti e comunicate in modo sinergico e consistente con spot tv, comunicazioni in store, crm e digital marketing. I risultati? Sorprendenti per vendite, margine e soprattutto per brand advocacy. Insomma, ancora una volta le emozioni, il coinvolgimento, il riconoscimento si dimostrano leve eccezionalmente efficaci.
Marco Metti
Business development manager di Dunnhumby Italia