Lo studio Retailer Preference Index condotto da Dunnhumby evidenzia come siano cambiati i criteri in base ai quali i clienti scelgono un’insegna cui si sentono legati emotivamente e presso la quale fanno la spesa. Un mix di motivazioni di cui i retailer devono tenere conto per eccellere nella competizione di mercato. (Scarica il report completo qui)
È il gradimento per la marca del distributore a orientare più di tutto i consumatori nella scelta del punto di vendita. Seguono il prezzo (percepito) e la varietà dell’assortimento. Lo dice l’annuale studio “Retailer Preference Index” (Rpi) che Dunnhumby promuove dal 2018. La foto di quest’anno del mondo grocery ha i colori grigi di un orizzonte incerto. All’emergenza Covid, sempre presente sebbene meno drammatica del passato, si aggiunge lo spettro della recessione, l’instabilità politica internazionale e l’aumento dei tassi di interesse. D’altronde nel periodo compreso tra agosto 2021 e 2022, l’indice dei prezzi al consumo in Italia monitorato da Istat era già salito dell’8,4%, con punte nelle categorie alimentari tra il 7,8% e il 9,7%.
Il Retailer Preference Index è realizzato quest’anno su 12 paesi. Per l’Italia a giugno sono state raccolte 4.582 interviste, che hanno fornito quasi 8.000 valutazioni su 36 retailer
Non sorprende dunque il calo dell’interesse nei confronti di questioni finora decisive, come la varietà dei prodotti o l’esperienza, a favore di nuove tematiche legate all’inflazione, a testimonianza di un’attenzione crescente alla riduzione della spesa alimentare. “I fattori di preferenza di un’insegna – spiega Marco Metti, Dunnhumby business development manager Italia – non sono mai predeterminati e possono cambiare radicalmente da mercato a mercato e da periodo a periodo. Quest’anno i consumatori italiani hanno individuato sette aspetti chiave che orientano le loro decisioni di acquisto.
La ˈMarca del Distributore ˈ, al primo posto, è un tema del tutto nuovo per l’edizione italiana, mentre il ˈPrezzo Percepitoˈ si riconferma al secondo posto e la ˈVarietà Prodottiˈ scende al terzo posto, perdendo due posizioni rispetto al 2021″. La crescente influenza dei parametri ˈMarca del Distributoreˈ e ˈPrezzo Percepito ˈ sulle prestazioni del retailer si ricollega alla situazione finanziaria in cui si trovano attualmente molti consumatori: quasi 9 intervistati su 10 (88%) hanno affermato di aver riscontrato un aumento dei prezzi degli alimentari negli ultimi 12 mesi e tra questi la metà (49%) sostiene che i prezzi sono “molto più alti” rispetto allo scorso anno.
“Occorre anche considerare – commenta Metti – che di media in Italia l’inflazione percepita supera di quasi 13 punti percentuali quella reale. Questo sottolinea quanto sia importante che i retailer si concentrino sul ˈPrezzo Percepitoˈ anziché sull’indice di prezzo da solo”. Il successo della marca privata è confermato dai dati raccolti dalla Private Label Manufacturer’s Association (Plma) che ha visto il 31% dei consumatori acquistare più prodotti mdd da inizio pandemia, con una propensione a crescere per l’Italia, dove il 43% dei consumatori ritiene che in futuro ne acquisterà una quantità ancora maggiore. “Dal nostro studio – sottolinea Metti – si comprende quanto un’offerta forte di prodotti a marca del distributore sia importante per le performance complessive. Le aziende ai primi posti della nostra classifica – Esselunga, Conad, Coop, Eurospin e Lidl – hanno infatti conquistato punteggi molto alti per il fattore ˈMarca del Distributoreˈ e le aziende con il punteggio più basso in questo fattore occupano le ultime posizioni della classifica generale”.
Gli stessi principi sembrano valere per la voce ˈPrezzo Percepitoˈ. Con una distinzione importante: “In Italia – sottolinea Metti – per conquistare i consumatori il retailer deve saper bilanciare il prezzo base con le promozioni. Ciò risulta evidente guardando alle aziende con i punteggi più alti per il ˈPrezzo Percepitoˈ. Una combinazione vincente di prezzo base e promozione è ciò che aiuta insegne come Esselunga, Aldi e Lidl a distinguersi dalla concorrenza. Vincere solo nella categoria ˈPrezzo Percepito non è sufficiente per far salire un’insegna ai primi posti della classifica Rpi. Una proposta eccellente in quell’area può essere un fattore di differenziazione importante, ma deve essere supportata da prestazioni solide anche in altri fattori della preferenza, per poter fornire valore aggiunto ai consumatori.
Le 5 migliori insegne della classifica mostrano una capacità di coniugare i due elementi in modo sinergico. In particolare spiccano Lidl ed Eurospin che, molto ben collocate sotto il profilo dei prezzi, sono percepite anche dai consumatori quali insegne con una politica di promozioni particolarmente gradita”. La classifica dei retailer è stata calcolata unendo i punteggi attribuiti in due aree: “Aspetto Economico” e “Connessione Emotiva”. “Il primo dato – spiega Metti – è ottenuto incrociando la quota di mercato ponderata con lo share of wallet. Per quanto riguarda la ‘Connessione Emotiva’, invece, il calcolo è stato fatto interrogando gli intervistati in 5 aree riguardanti le loro sensazioni rispetto a ciascuna insegna, così categorizzate: negozio ideale, negozio consigliabile, delusione in caso di chiusura, fiducia e, infine, rispondente al concetto ˈil retailer ci tiene a meˈ.
Sommando questi valori è stato elaborato il punteggio Rpi del retailer, ovvero un indicatore del successo sul piano economico ed emozionale”. L’elenco delle aziende più performanti nella categoria della “Connessione Emotiva” rileva una marcata preferenza per le aziende regionali, e vede in testa alla classifica nomi come Esselunga, Alì (che balza dalla nona posizione del 2021 al secondo posto), Famila e Mercatò. Per quanto riguarda i risultati legati alla “Connessione Emotiva”, emergono due aspetti inediti: salute e sostenibilità. “Varietà prodotti salutari” e “Varietà prodotti bio” sono due fattori chiave che incidono sulle preferenze. Forte è anche l’attenzione incentrata su aspetti come “Offerta prodotti sostenibili”, “Impatto positivo su ambiente” e “Impatto positivo su comunità”, a conferma che la sostenibilità va di pari passo con la responsabilità.