Per essere convincenti non basta avere buone argomentazioni, ma risulta essenziale concentrarsi sul momento chiave che precede la comunicazione. Le neuroscienze e la psicologia sociale hanno studiato le tecniche per canalizzare l’attenzione degli interlocutori, una risorsa fondamentale per chi si occupa di marketing.
Per chi si occupa di vendita e di marketing il nome di Robert Cialdini dovrebbe suonar famigliare. Professore di marketing all’Arizona State University, noto a livello internazionale come uno dei principali esperti della psicologia sociale della persuasione, ha realizzato studi considerati tra le più rilevanti matrici teorico-concettuali di settore, da cui si è poi articolata la ricerca sui processi cognitivi e relazionali della persuasione interpersonale. Esperto di scienza dell’influenza, ha dato un contributo su come possa essere applicata in modo consono nel mondo degli affari. Nel suo più famoso libro “Le armi della persuasione” del 1984 ne ha evidenziato sei principi fondamentali. Da allora il testo è stato rivisto e integrato anche con le più recenti scoperte neuroscientifiche e le teorie offerte da premi Nobel dell’economia come Daniel Kahneman (premiato nel 2002) e Richard Thaler (premiato nel 2017).
La “pre-suasione” costruisce un adeguato contesto per agevolare il processo di convincimento
Fino ad arrivare al suo ultimo libro “Pre-suasione. Creare le condizioni per il successo dei persuasori” che si sofferma sulla strategia secondo la quale per ottenere una persuasione efficace non basta solo concentrarsi sul messaggio, quanto sul momento chiave che precede la comunicazione. In poche parole, un fattore importante nelle tecniche persuasive è la preparazione della relazione e la costruzione di un adeguato contesto per agevolare il processo di convincimento. Questo meccanismo si chiama “pre-suasion”. La “pre-suasione” rappresenta quindi una abilità che dovrebbe distinguere i venditori e i marketer di successo, capaci di preparare adeguatamente il terreno all’accettazione della proposta. È come rendere al pubblico simpatico il messaggio prima di pronunciarlo.
Per comprendere in cosa consista questa tecnica, facciamo un esempio tratto da una ricerca condotta da Naomi Mandel e Eric Johnson e pubblicata sul Journal of Consumer Psychology in un articolo del 2002. Lo studio ha dimostrato come è possibile stimolare l’attenzione dei clienti verso un obiettivo di vendita legato al comfort di un prodotto piuttosto che sul suo valore economico. Durante gli esperimenti di vendita online, i ricercatori hanno manipolato l’immagine di sfondo e i colori di una pagina web, per misurare l’eventuale influenza sulla scelta del prodotto di consumo. L’esperimento riguardava un’azienda che vendeva divani online. Uno dei principali problemi era il prezzo di divani più comodi che avevano un costo percepito troppo elevato. Dopo varie ricerche, e per stimolare l’attenzione verso il prodotto più confortevole, piuttosto che verso l’economicità del prezzo del divano, hanno usato per la pagina web uno sfondo con nuvole bianche
Questo semplice escamotage è servito per orientare i visitatori del sito verso l’acquisto di prodotti caratterizzati da comodità e morbidezza. Per verificare se i risultati fossero dovuti all’immagine con le nuvole, si è provato a sostituire lo sfondo con delle monete, in modo da stimolare l’attenzione dei consumatori verso il tema del risparmio. In effetti l’avere cambiato l’innesco, o in termini tecnici il “prime” ha spinto i soggetti meno esperti a dedicare più tempo alla ricerca di informazioni coerenti con lo sfondo utilizzato, influenzando anche le loro preferenze. Queste dunque possono essere influenzate da inneschi presenti sia nel nostro ambiente sia nella proposta. Un approccio che può anche essere usato per gestire l’eventuale rifiuto del prezzo del prodotto da parte del pubblico.
Certi stimoli, anche se presentati in maniera non evidente, possono fungere da veri e propri inneschi comportamentali
Per esempio, si può ridurre la resistenza al prezzo facendo una battuta come: “Come potete vedere, non sarò in grado di farvi pagare X euro per questo”. La cifra X dovrebbe essere irrealisticamente alta, come fanno i berberi nei suq marocchini, per stimolare il pubblico a valutare più positivamente il prezzo presentato dopo una prima proposta inaccettabile. Infatti, una volta comunicata la seconda tariffa, mantenendo agganciata la loro mente alla precedente proposta, il prezzo che viene offerto successivamente risulta certamente più accettabile. In sostanza, X forma una linea di base per il prezzo successivo. Sempre in questa ottica si possono citare diverse ricerche che hanno dimostrato che suscitare un’attenzione canalizzata, ovvero preparare il contesto con i meccanismi dell’attenzione, è un fattore importante per predisporre le persone ad apprezzare una proposta successiva. Oltre a preparare il pubblico, questa tecnica si basa sulla possibilità anche di cambiare i processi di pensiero dei propri interlocutori, semplicemente ponendogli le domande giuste al momento giusto o aprendo una discussione con le giuste frasi.
Di certo se si vuole stimolare apertura e comportamento di innovazione è del tutto sbagliato avviare la discussione lamentandosi delle grosse difficoltà della vita moderna, del traffico, della propria vita e così via. Ciò provocherebbe una chiusura nell’interlocutore o comunque un “prime negativo”, che più che a un’apertura di disponibilità, spingerebbe a chiudersi e a ritirarsi in un luogo sicuro. In questo caso l’apertura dovrebbe essere stimolata facendo riferimento a storie di successo, per esempio storie in cui l’accettazione consapevole di una condizione di rischio ha portato a risultati molto positivi. In questo caso si sta giocando la partita della pre-suasione puntando sul valore dell’innovazione. Solo così si può sperare di avere innescato una voglia di provare e di rinnovare. Questa metodologia si basa su un ricco filone di ricerca che fa capo al concetto di priming e di nudge. La ricerca in psicologia sociale ha enfatizzato gli importanti effetti derivanti dall’attivazione situazionale di un costrutto mentale, dimostrando che certi stimoli, anche se presentati in maniera non evidente, possono avere potenti effetti sul comportamento e fungere da veri e propri inneschi comportamentali.
Il priming, in questo caso, è un meccanismo che, se impiegato correttamente, ha un potenziale di vastissima applicazione. Si basa su un processo di memoria implicita, per cui l’esposizione a uno stimolo influenza la risposta a un altro stimolo seguente. Il primo stimolo è il prime o stimolo innesco, il secondo è lo stimolo target: più questi stimoli sono fortemente associati fra loro nella mente del soggetto, più rapida sarà la risposta successiva alla percezione dei due stimoli. Si tratta di attivare un concetto nella mente, capace di influenzare i pensieri successivi e di generare processi automatici coerenti o comunque collegati con il primo stimolo (innesco). È un processo mentale inconsapevole, che accade velocemente e involontariamente. Alla base vi è una vera e propria attivazione associativa, per cui l’esposizione a un’idea attiva in automatico altre idee associate.
Idee o concetti possono essere associati per significato (priming semantico) o per valenza emozionale (priming affettivo). Questi pensieri, a loro volta, possono generare in risposta determinati comportamenti e azioni. L’associazione non è un processo di valutazione cosciente, ma una sorta di preparazione all’azione coerente con l’evento precedente. Il processo associativo rende più immediato uno schema di azione che si conserva nella nostra memoria a lungo termine o che è stato reso disponibile dalla visione di altri schemi di azione. Nel priming ogni elemento è, quindi, connesso all’altro: la parola evoca ricordi, che evocano emozioni, che generano espressioni nel volto o altre reazioni (per esempio la tensione, la presa di distanza). In un esperimento di priming è possibile presentare a livello subcosciente degli stimoli-innesco verificando poi come questi possano modificare la percezione cosciente di immagini presentate successivamente. Si è dimostrato, per esempio, che se vengono mostrate delle foto con un volto sorridente o accigliato per 5 millisecondi, le immagini ambigue, come un ideogramma cinese, presentate in una seconda fase vengono valutate come gradevoli o meno in relazione al tipo di volto mostrato in maniera subliminale. Bargh e Pietromonaco (1982) usarono un priming subliminale presentando una serie di parole negative (ostile, insulto, spiacevole) per condizionare un gruppo di soggetti, cui sarebbe stato poi chiesto di esprimere un giudizio verso una persona la cui descrizione era un po’ ambigua.
Un prodotto cattivo rimane cattivo, ma uno buono, con una buona comunicazione, può essere percepito migliore
Gli autori dimostrarono come il priming subliminale influenzasse la percezione negativa della persona qualora fossero state mostrate molte più parole negative. Anche in questo caso i soggetti non furono coscienti della possibile influenza delle parole presentate in subliminale. Questi dati lasciano intuire il valore delle parole nella determinazione delle aspettative e conseguentemente nella possibile percezione delle cose. La validità del priming è di grande interesse nel campo della psicologia e del marketing. Sperimentando l’impatto del priming in contesti reali, il lavoro di Berger e Fitzsimons (2008) ha esteso la ricerca sugli effetti dell’esposizione a determinati indizi o segni. I ricercatori hanno dimostrato che la distribuzione di tali immagini o stimoli nei diversi ambienti di consumo influisce sulle valutazioni, le prestazioni, e le scelte degli individui. Un esempio è il legame di priming del computer Apple con il concetto di creatività: i partecipanti a un esperimento che hanno lavorato con un computer Apple hanno registrato una performance maggiore in termini di creatività, rispetto ai soggetti che hanno lavorato con un computer Ibm. Oggi grazie al neuromarketing, è possibile individuare i migliori inneschi nello stimolare l’attenzione verso uno specifico prodotto, facilitando alcuni schemi comportamentali. Ovviamente tutto funziona se il prodotto o servizio che si intende promuovere ha delle sue specifiche peculiarità positive. Come sempre tengo a sottolineare un prodotto cattivo rimane cattivo, ma uno buono, con una buona comunicazione, può essere percepito migliore o più convincente.
Vincenzo Russo
Vincenzo Russo è professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing presso lo Iulm di Milano. È fondatore e direttore scientifico del centro di ricerca di neuromarketing Behavior and Brain Lab (Iulm) e direttore scientifico del master in Food and Wine Communication, organizzato in collaborazione con Gambero Rosso, e del Master in Comunicazione e Marketing dello Sport. Oltre a collabora stabilmente come docente al master in management e comunicazione del beauty e del wellness in Iulm, ha diretto progetti di ricerca nazionali e internazionali sui temi riguardanti il rapporto tra emozioni, decisioni e comportamenti di consumo alimentare. Autore di libri tra i quali “Psicologia della Comunicazione e Neuromarketing” (Pearson Editore), uno dei più completi testi italiani sulle neuroscienze applicate al marketing, e di studi sui consumi e il neuromarketing pubblicati su Journal of Consumer Behavior, Frontiers in Neuroengineering, in Food Quality and Preference; Journal of Global Information Management, in European Journal of Information Systems, in Food Quality and Preference, in Risorsa Uomo, e nella Collana di Psicologia, Consumi e Società McGraw-Hill