Qualche dato sulle dimensioni del patrimonio enogastronomico italiano, il maggiore dell’Unione europea: 319 prodotti agroalimentari sono classificati Dop, Igp o Stg, mentre 526 vini si fregiano dei simboli che definiscono le produzioni Docg, Doc o Igt. I consorzi che gestiscono il sistema dei “marchi consortili”, a cui questi prodotti tutelati fanno capo, sono 285.
Così non c’è regione italiana che non abbia un sistema di denominazioni o di indicazioni d’origine (si veda il portale “Qualità, turismo e agricoltura per la valorizzazione del territorio” sul sito politicheagricole.it).
Ai consorzi sono affidati compiti come la definizione dei disciplinari di produzione, la messa a punto di sistemi di tracciabilità, quelli per la sicurezza alimentare, la gestione dei marchi di tutela, ossia aspetti che potremmo definire tecnico-produttivi, cui si aggiungono compiti di indirizzo e attività per la divulgazione della conoscenza dei prodotti, la promozione sul mercato nazionale e su quelli internazionali.
Se portiamo l’attenzione sull’export, emerge chiaramente che solo una minoranza di aziende accede ai mercati esteri, anche se quelle impegnate nell’agroalimentare sono molte migliaia (si veda il rapporto annuale “Made in Italy” di Crea). Molto spesso, queste aziende si muovono indipendentemente dai consorzi o da altre istituzioni preposte al commercio con l’estero, sviluppando così una propria politica di esportazione.
Ora considerando le promozioni, notiamo che le strade si biforcano. Da un lato vi sono i finanziamenti che i consorzi nazionali ricevono dall’Unione europea (da spendere entro tempi precisi) per promuovere tali eccellenze. In genere, i fondi vengono investiti in advertising online, creazione di eventi e altre iniziative da cui però sono totalmente assenti le promozioni creative e strutturate al consumatore.
Dall’altro lato ci sono le singole aziende associate ai consorzi e quelle indipendenti che invece investono direttamente in comunicazione per promuovere il proprio brand e la sottesa offerta di prodotti. Sono aziende di medio-grandi dimensioni che hanno già trovato spazio nei canali distributivi di diversi paesi e quindi hanno in loco consumatori che li apprezzano.
Proprio queste aziende italiane (ormai molte centinaia) potrebbero sviluppare campagne promozionali verso i loro consumer all’estero. Campagne che è possibile attuare in qualsiasi paese, semplicemente adeguandosi ai regolamenti dello stato di destinazione della manifestazione a premio, ma gestendo in Italia la creatività e la meccanica così da garantire l’originalità del messaggio.
I premi di giochi e concorsi potrebbero essere viaggi alla scoperta del prodotto e del suo territorio
Purtroppo c’è pochissima conoscenza dell’uso delle promozioni consumer a supporto dell’export. Le aziende che ne fanno uso sanno che i risultati ottenibili sono di sicuro impatto in termini di preferenza del prodotto e del brand, nonché possono tornare a vantaggio anche del distributore.