La foto di Donald Trump finisce su tazze e magliette, fruttando 7 milioni di dollari in due giorni. E tirando la volata al tycoon nella corsa verso la rielezione
Gli occhi penetranti, pronti a fulminare. I tratti tirati. Gli inconfondibili capelli biondo fragola. E, a completare il quadro, la scritta “Never Surrender!” più pleonastica che mai (chi potrebbe mai in supporre che una fisionomia del genere appartenga a un tipo arrendevole?). Stiamo ovviamente parlando della foto segnaletica scattata a Donald Trump nel carcere di Fulton County (Georgia, Usa), lo scorso 24 agosto a seguito dell’ennesima imputazione contestatagli dalla magistratura a stelle e strisce. Diffusa sull’account X di Trump, che non veniva rifornito di tweet da più di due anni, l’immagine ha totalizzato a oggi 253 milioni di visualizzazioni.
Di lì a fare della foto segnaletica dell’ex presidente un’icona di merchandising, il passo è stato breve. Il senso di appartenenza a una comunità, anzi una vera e propria tribù è notoriamente molla per l’acquisto di dispendiosi articoli griffati; figurarsi se l’investimento equivale ai pochi dollari dell’adesivo per automobile con l’effigie di Trump (12 Usd), del portabevande (15 Usd), del poster (28 Usd), della maglietta (34 Usd) o della tazza (25 Usd), quest’ultima tanto più immancabile per il fatto che l’inglese “mug” (“tazza”) assume nel binomio “mug shot” il significato di “foto segnaletica”. L’organizzazione della campagna elettorale di “The Donald” fa sapere di aver raccolto tra gadget e donazioni varie la bellezza di 7 milioni di dollari nei soli due giorni successivi alla pubblicazione dell’immagine su X. Soldi utili a fare fronte alle ingenti spese legali che Trump deve affrontare. Soprattutto, c’è da pensare che quella foto dal carcere abbia guadagnato al tycoon repubblicano uno stuolo di nuovi consensi, in un’America più che mai inquieta e a poco più di un anno dalle elezioni presidenziali.
Vedremo a novembre ’24 se Trump non sia un presidente nato con la… maglietta.
Alberto Gerosa
Alberto Gerosa (Milano, 1974) è giornalista, slavista e soprattutto collezionista. Non solo di penne stilografiche e vecchi libri illustrati ma anche e soprattutto di esperienze. L’elenco di queste ultime è stato piacevolmente allungato dalle trasferte per conto di Promotion, da Barcellona ad Amsterdam passando per Disneyland alla scoperta degli arcani della fidelizzazione.