Con un patrimonio di oltre 6.000 musei pubblici e privati, biblioteche, pinacoteche, scavi archeologici e altri beni culturali l’Italia è sicuramente ai vertici mondiali. Tuttavia all’immenso patrimonio non sempre corrisponde una fruizione coinvolgente, laboratori creativi per le scolaresche, audioguide in più lingue, l’uso dalla realtà aumentata e di speciali effetti in 3D che fanno “toccare con mano” particolari di un’opera, scenografie immersive e memorabili.
Oggi la conservazione e l’esposizione del patrimonio artistico non sono più aspetti sufficienti. Sempre di più si va verso la spettacolarizzazione e la costruzione di percorsi esperienziali sia con l’uso di soluzioni virtuali sia con installazioni fisiche. D’altra parte è la molteplicità dei target di visitatori che richiede di portare attenzione non solo ai bisogni di apprendimento e di formazione ma anche di divertimento e perfino di benessere. È accertato che la visione di capolavori fa bene alla salute fisica e mentale tanto che è nata l’art therapy, una pratica che ha applicazioni in psicologia e in altri campi.
Purtroppo le istituzioni che custodiscono i beni culturali intercettano le esigenze di comunicazione delle aziende soprattutto in occasione di grandi mostre e il tutto si concentra su aspetti di sponsorizzazione. Sono due mondi che interagiscono ancora sporadicamente e in modo limitato. Ci si dimentica che c’è una disciplina di comunicazione che potrebbe connettere aziende e musei avendo come denominatore comune diversi target di fruitori, in diverse circostanze. Mi riferisco alle promozioni creative e alle molte tecniche di cui si avvalgono on/offline.
Nei musei si fanno esperienze che muovono profonde emozioni, ossia determinano uno stato d’animo molto favorevole per lanciare, da parte delle aziende, progetti capaci di rendere la relazione con un brand ancora più salda. Così premiare i consumatori che partecipano a una campagna promozionale o aderiscono a uno schema di loyalty con visite esclusive è solo un esempio, ma si può fare molto di più con soluzioni di gaming che legano uno storytelling coinvolgente (dedicato al prodotto e suo brand) a percorsi e prove che vedono protagonisti quadri, monumenti, o la sede stessa del museo. Naturalmente ogni progetto va concordato con il museo di riferimento e deve esserci una fattiva collaborazione così che il successo sia condiviso. Anche per gli schemi di incentive e motivazione, verso i propri dipendenti, le aziende potrebbero trovare spunti molto validi da una stretta collaborazione con le istituzioni culturali. Non si tratta solo di organizzare una cena di gala in un museo o una visita notturna (opportunità già di notevole fascino), ma di prendere spunto dai temi trattati dalle opere d’arte per creare percorsi finalizzati (per esempio alla leadership, alle pratiche di negoziazione, al fare squadra ecc.). Ci si auspica però che da parte dei musei ci sia una maggiore apertura e collaborazione alle proposte delle aziende.
Andrea Demodena
Dopo la frequenza di Economia e commercio in Cattolica, si iscrive a Lettere Moderne, presso l’Università Statale di Milano, laureandosi a pieni voti con una tesi in storia dell’arte contemporanea. Come giornalista ha collaborato con Juliet, Art Show, Tecniche Nuove, Condé Nast, Il Secolo XIX, Il Sole 24Ore. Dal 2000 si occupa di marketing e promozioni. Dal 2014 è direttore di Promotion.