Il grado di maturità complessivo delle medie e grandi imprese italiane nella trasformazione omnicanale (valutato attraverso l“Ocx index”) è oggi pari a 4,5/10, in leggera contrazione rispetto al dato del 2022 (4,8 su 10): un valore medio frutto però di una forte eterogeneità tra le imprese esaminate e di un aumento delle aziende interessate alla trasformazione omnicanale che, ancora in una fase esplorativa iniziale, contribuiscono ad abbassare la media generale.
Queste alcune delle evidenze emerse dalla settima edizione dell’”Osservatorio omnichannel customer experience” promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.
Il 21% delle imprese sta avviando il percorso di trasformazione omnicanale. In particolare, il 6% rappresenta aziende “in preparazione”, appartenenti a settori industriali e b2b, che si trovano in una fase esplorativa del tema. Il restante 15% (che rappresenta soprattutto aziende del largo consumo) è “ai primi passi”, dimostrando interesse ma manifestando inerzia attraverso la mancanza di un budget dedicato per iniziative omnicanale.
Il 25% del campione è, invece, classificabile come “In progress”: aziende che hanno migliorato sia la struttura organizzativa sia l’approccio ai dati e che hanno predisposto un budget attuale destinato alle iniziative omnicanale e prevedono investimenti in crescita per il 2024.
Il 46% delle aziende sta lavorando positivamente su almeno una variabile chiave dell’Ocx Index. Da un lato le aziende “committed” (21%, soprattutto del settore banche e servizi finanziari) si concentrano sullo sviluppo di una strategia omnicanale attraverso strumenti organizzativi, con la presenza quasi generalizzata di un responsabile dell’omnichannel customer experience. Dall’altro lato le aziende “tactician” (25%) hanno strutturato uno stack tecnologico adeguato alla costruzione di una vista unica sul cliente. Un approccio particolarmente presente nella gdo, nelle telco e nelle utility che, per esempio, sono in grado di integrare le informazioni dei clienti al fine di fornire specifici servizi omnicanale.
Solo l’8% delle imprese, infine, può essere definito “avanzato” in termini di maturità omnicanale, ottenendo un punteggio di 7,5/10. Da un lato, queste realtà si distinguono per una struttura organizzativa cross-funzionale, mentre dall’altro, hanno lavorato sulla costruzione di una robusta raccolta e integrazione dei dati e adottano strumenti tecnologici avanzati.
La settima edizione dell’Osservatorio Ocx evidenzia anche la sfida del change management, definendola come complessa: i dipendenti sono coinvolti nella trasformazione omnicanale su molteplici fronti ed è importante strutturare un percorso di employee engagement per renderli protagonisti di tale trasformazione. Se il 61% delle aziende ha attivato delle azioni per strutturare un percorso di formazione e sensibilizzazione in ambito Ocx, nella maggior parte dei casi ci si ferma a una formazione “passiva” che coinvolge per lo più solo le funzioni di business. Solo il 27% delle aziende coinvolge i livelli operativi quali venditori e operatori di contact center in tale percorso.
A livello internazionale realtà all’avanguardia hanno introdotto il chief experience officer per presidiare e migliorare l’esperienza di clienti e dipendenti. In Italia solo il 40% delle aziende dispone di un responsabile dell’omnichannel customer experience incaricato di progettare e garantire un’esperienza fluida e coerente per i clienti.
La raccolta e la gestione dei dati avanzati (come dati social, dati derivanti da interazioni umane o da terze parti) sono un ulteriore elemento essenziale per una comprensione approfondita del cliente. In Italia solo un’azienda su 3 riesce a integrare i dati a sua disposizione in logica single customer view, fondamentale per abilitare una reale personalizzazione dell’esperienza. In generale, però, sempre più aziende stanno migliorando il proprio stack tecnologico, con il 34% delle aziende che fa uso di una customer data platform.
Solo il 40% delle aziende inoltre utilizza analisi di tipo predittivo, ma di queste quasi due terzi dichiarano di non possedere figure specializzate dedicate all’analisi avanzata delle informazioni, affidandosi esclusivamente a strumenti tecnologici automatici. Se nel marketing sono ormai diffusi strumenti di marketing automation (60% delle aziende), la personalizzazione delle campagne si basa ancora su segmenti predefiniti.
L’integrazione tra dimensione umana e tecnologica è al centro anche dei trend emergenti che determineranno l’evoluzione dei modelli di omnicanalità.
“Oggi – spiega Marta Valsecchi, direttrice dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience – il 63% delle aziende italiane sta sperimentando l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito omnichannel customer experience, focalizzandosi principalmente sulla personalizzazione dei messaggi (32%) e sull’assistenza clienti digitale tramite chatbot o assistenti virtuali (43%). Tuttavia, nonostante le molteplici potenzialità, l’83% degli utenti internet italiani mostra insoddisfazione riguardo a tali strumenti, evidenziando la lunga strada da percorrere per raggiungere una vera conversational experience”.
L’intelligenza artificiale potrebbe spingere anche il processo di “hyperpersonalization”, dove la raccolta e l’elaborazione in tempo reale di dati dell’utente permettono di attivare azioni mirate sul cliente nel rispetto della privacy. Tale trend guadagnerà rilevanza nella misura in cui, anche grazie all’intelligenza artificiale, si riuscirà a ottimizzare il rapporto tra i costi e i benefici raggiunti.