Era il 2007 quando, in un quotidiano online della nostra provincia, Varese, pubblicarono un articolo su di noi titolando “La signora Dragonball”. Trovammo divertente il titolo ideato dal caporedattore colpito dalle nostre “stanze delle cartoline” dove si ammucchiavano fino al soffitto migliaia di buste. Ogni giorno, ricevevamo 4 o 5 sacchi simili a quelli di Zio Paperone per le banconote, ma i nostri contenevano cartoline di partecipazione, disegni e racconti per i concorsi con giuria e collezioni di prove di acquisto di figurine: in cima c’erano sempre quelle di Dragonball. Ho divagato su ricordi che evocano un periodo in cui tutto era più chiaro e i confini di ciò che si poteva fare o meno, nel rispetto della normativa, erano comprensibili.
Oggi penso al concetto della territorialità che il dpr 430/01 introduce, specificando che le attività relative allo svolgimento delle manifestazioni a premio devono essere effettuate nel territorio dello stato, con unica eccezione per le attività di confezionamento dei prodotti promozionati. Quando, per rispettare questa territorialità, era sufficiente controllare la provenienza delle cartoline tutto era tutto più facile. Nell’era digitale, rispettare questo principio può risultare complesso. Ci sono condizioni difficili da interpretare anche da parte delle stesse istituzioni preposte al controllo tra normative nazionali anacronistiche e direttive europee che guardano al futuro, in un’ottica di integrazione sociale, digitale e commerciale e che mirano a superare le divisioni storiche e a promuovere l’unità e la solidarietà tra i paesi europei.
Così ci troviamo che, se da un lato le manifestazioni a premio indette nel territorio dello stato devono rispettare gli adempimenti del dpr 430/01, fra i quali si esplicita che le imprese non residenti nel territorio nazionale possono essere promotrici purché mediante un rappresentante fiscale, dall’altro, in ossequio alla direttiva europea sul commercio elettronico, accade che se l’impresa promotrice ha sede in uno degli stati appartenenti all’Unione europea può applicare la normativa del proprio stato. Detta così la questione parrebbe semplice se non fosse che, per quanto riguarda gli obblighi fiscali connessi con le manifestazioni a premio, si applica comunque la normativa italiana con la conseguenza che le imprese Ue, pur potendo far valere – per quanto riguarda gli adempimenti amministrativi – le leggi del proprio stato, devono comunque avvalersi di un rappresentante fiscale (o dell’identificazione diretta) per ottemperare al pagamento delle tasse sui premi in Italia. Diventa difficile spiegare ai clienti che quello che sembra fattibile, in realtà comporta complicazioni e non resta che consigliare di verificare la normativa di ogni paese al momento di esportare o importare i propri concorsi, non solo per quanto attiene le regole sulle manifestazioni a premio ma anche e soprattutto per le normative coinvolte a vario titolo come quelle sulla fiscalità, sulla tutela dei consumatori, sulla privacy.