È fresca di pubblicazione l’ultima ricerca di Bva Doxa, “Donare 3.0”, commissionata da Fondazione Rete del Dono e PayPal, sulle abitudini al dono degli italiani online. Ero interessata a capire se, dopo le ben note vicende del pandoro-gate, ci potessero essere state delle conseguenze nefaste, quantomeno dei donatori online, che avrebbero potuto mettere in difficoltà gli enti del terzo settore destinatari di tali fondi. La ricerca, seppure non esaustiva, mi ha portato alla considerazione che poteva andare peggio.
Nel complesso, infatti, il dato di propensione alla donazione 2023 emerso dalla ricerca, è leggermente inferiore rispetto agli anni precedenti. È interessante notare però come al suo interno alcune direttrici, come per esempio il sostegno alla disabilità, abbiano registrato una crescita in termini di contributi. Su questa casistica possiamo auspicare un effetto traino positivo anche per il 2024, dato dal riconoscimento del presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno ai ragazzi di PizzAut. Tra le cause che hanno determinato una contrazione della donazione c’è inevitabilmente la mancanza di trasparenza sull’allocazione dei fondi e una conseguente disillusione verso la beneficenza. Ma se sembra vero che l’impatto degli influencer non sia più considerato rilevante da poco meno di due terzi degli intervistati, incredibilmente la beneficenza da parte di aziende che devolvono parte del loro guadagno anche a seguito di un acquisto ha mantenuto una percezione positiva. Al punto da orientare la scelta di acquisto tra prodotti similari.
Ottime notizie quindi, per i brand che stanno valutando se cimentarsi nuovamente in questo tipo di esperienze. Considerando che la parola chiave su cui si fonda la propensione alla donazione è fiducia, il suggerimento per le aziende che volessero attivarsi in questo tipo di iniziativa è di scegliere una causa che in qualche modo sia affine alla propria storia o al posizionamento del brand. Prevedendo nella costruzione del progetto che gli stessi consumatori, clienti, siano coinvolti come destinatari o come attori del processo di creazione del valore. E laddove possibile, considerare anche una presenza territoriale in grado di dare autenticità e tangibilità al sostegno. Un caso molto interessante in cui hanno trovato riscontro molti degli aspetti citati, seppure non perfettamente coincidente, è quello raccontato da Danone nella sua recente pubblicazione “Megafono sociale”, interessante raccolta di esempi di iniziative benefiche che ben si sposano con il brand allo scopo di generare impatto sulle comunità e i territori. Nelle case history trattate viene dimostrato come le iniziative di marketing e comunicazione non più solo orientate alla vendita, ma anche alla causa sociale che abbracciano siano in grado di valorizzare il brand con significativi risultati.
È possibile richiedere la ricerca “Donare 3.0” dal sito di retedeldono.it e scaricare la pubblicazione di Danone “Megafono sociale” dal sito corporate.danone.it.