Il retail media è l’ultimo miglio dell’advertising

Flora Leoni24/07/2024

Approccio olistico, comunicazione integrata, omnicanalità sono le parole d’ordine di una campagna pubblicitaria di successo. Centri media e agenzie di comunicazione sono sempre al lavoro con le loro squadre di art director, creativi e media planner per trovare le riposte giuste, adatte alle esigenze del cliente e al suo budget. Chi lavora oggi nel media di solito crea e pianifica sulla parte alta del classico funnel: awareness e consideration. Solo in alcuni casi, quando pensiamo al digital advertising, subentrano obiettivi di convertion che sono però misurabili in modo deterministico solo nel caso dei player online.

Sappiamo tutti, però, che il percorso d’acquisto del consumatore non segue questo processo lineare, ma è molto più intricato e complesso, tanto da far venire mal di testa a qualsiasi marketer che intenda affrontare il tema della pianificazione media in modo più strategico ed efficace. Ecco quindi che il retail media ci viene in aiuto: per prima cosa perché lavora sulla parte bassa del nostro funnel, quella legata alla convertion e, in secondo luogo, perché ci permette di calcolare con estrema precisione il roas delle nostre campagne, grazie alla mole di dati di cui dispone il retailer. E non è poco: il retail media contatta il consumatore vicino al prodotto, nel punto vendita o sull’ecommerce, proprio nel momento in cui è più propenso a effettuare l’acquisto e può influenzarlo in modo importante stimolando upselling, cross selling o comportamenti di brand migration.

I sostenitori accaniti del trade marketing potrebbero obiettare che ci sono le promozioni per questo, del resto è il prezzo che guida la scelta dei clienti nel punto vendita. Ma siamo così sicuri che la promozione sia sempre la strada più corretta per il nostro brand o per il nostro prodotto? Tra retailer si combatte a suon di sconti e offerte e il risultato più ovvio è l’impoverimento del valore della marca dei prodotti dell’industria, con comportamenti d’acquisto sempre più opportunistici e una crescente disaffezione al brand.

L’advertising serve anche per raccontare storie, per raccontare l’heritage di una marca, e allora perché non pensare che anche il punto vendita, fisico o digitale, possa assolvere questo ruolo con più efficacia di una pianificazione media tradizionale, sia essa stampa, radio, tv o digital? Ovviamente non penso che il retail media sia sostitutivo di un piano di comunicazione integrato, certo da solo non è in grado di agire in modo importante sull’awareness, ma di sicuro rinforza il messaggio e deve diventare parte di una campagna di comunicazione olistica con un pensiero strategico e non solo tattico. Centri media e agenzie di comunicazione devono cambiare il loro approccio costruendo piani e campagne che integrino il retail media già dal concept iniziale come avviene in altri paesi europei e nel mondo anglosassone. Il retail media chiude il cerchio e permette di ricavare anche insights utili per realizzare creatività, definire i target, capire meglio quali sono i percorsi d’acquisto dei consumatori. Un vantaggio competitivo non da poco che vale l’investimento.

Flora Leoni