Creare engagement con il consumatore è diventata ormai una priorità per le aziende, ed è spesso alla base di molti processi di re-design delle strategie e degli strumenti di loyalty. L’engagement, infatti, definito come “uno stato mentale originato da esperienze di interazione attiva con il brand” (Roderick J. Brodie, Linda Hollebeek, e Biljana Juric´, e Ana Ilic´, 2011), è un driver di fidelizzazione, che porta a sviluppare relazioni più forti e significative. L’azienda deve pertanto sfruttare ogni momento di contatto con il cliente per ingaggiarlo.
Oggi, la customer journey dei clienti passa attraverso numerosi touchpoint, proprietari o di terze parti, collocati online e offline, ognuno dei quali costituisce un’interazione con il cliente che può a sua volta generare engagement. Questi stessi punti di contatto sono anche i luoghi nei quali i clienti manifestano comportamenti di engagement, atti non di acquisto che hanno per oggetto il brand e che sono ispirati da driver motivazionali. Questi, a loro volta, costituiscono un segnale importantissimo per le aziende, e possono essere utilizzati come strumenti di misurazione dell’engagement (sia a fini di monitoraggio sia per creare modelli di segmentazione e previsione delle azioni future).
In questa prospettiva, è interessante identificare i touchpoint e le misure di engagement che le aziende tengono maggiormente sotto controllo. Con la ricerca 2022 del nostro Osservatorio Fedeltà, abbiamo identificato le 12 misure più rilevanti per le aziende italiane (si veda la seguente tabella), nel complesso e per settore. Dalla rilevazione è emerso che la misura di engagement più importante è il redemption rate del programma fedeltà, nel complesso e nell’ambito retail in particolare. Anche la letteratura accademica ha fornito un supporto a orientamenti più incentrati sul programma ai fini dell’ingaggio del proprio cliente. Studi internazionali hanno infatti recentemente introdotto il concetto di “loyalty program engagement”, che rappresenta e misura una forma di engagement che si stabilisce tra il membro del programma e il programma stesso, e che genera a sua volta effetti di spillover sull’engagement con l’azienda.
Virginie Bruneau, Valérie Swaen e Pietro Zidda (“Are loyalty program members really engaged? Measuring customer engagement with loyalty programs”. Journal of Business Research 91, 2018), che per primi hanno identificato tale concetto, propongono anche una sua misurazione attraverso la rilevazione di 6 comportamenti, di importanza crescente, attuati dai membri del programma. I primi, e anche i più diffusi, vanno dall’utilizzo proattivo della carta fedeltà in autonomia e prima che venga richiesta dal cassiere (il più comune), alla redemption dei punti, seguito dalla disponibilità a modificare i propri comportamenti d’acquisto per sfruttare le offerte esclusive previste. Gli ultimi tre riguardano invece l’atteggiamento dei consumatori verso le informazioni relative al programma fedeltà e ne segnalano un coinvolgimento maggiore: in primo luogo, condividerle con altri, dedicare del tempo a leggere le comunicazioni ricevute dall’azienda in merito al programma e, infine, ricercare attivamente e in prima persona tali informazioni.
Il concetto di loyalty program engagement, per quanto recente, è già stato oggetto di importanti ricerche, che hanno voluto validarne gli effetti positivi e comprendere maggiormente quali elementi del programma fedeltà contribuiscono alla sua formazione. È proprio questo l’obiettivo dello studio di Lars Meyer-Waarden, Johan Bruwer e Jean-Philippe Galan (“Loyalty programs, loyalty engagement and customer engagement with the company brand: Consumer- centric behavioral psychology insights from three industries”. Journal of Retailing and Consumer Services, 71). I ricercatori hanno voluto innanzitutto testare gli effetti del loyalty program engagement sulla fedeltà al programma, sulla fedeltà all’azienda e sull’engagement con l’azienda. In secondo luogo, si sono proposti di misurare l’effetto di 4 elementi caratterizzanti il programma fedeltà sull’engagement con il programma stesso: valore dei vantaggi economici offerti, valore dei vantaggi esperienziali offerti, personalizzazione dell’esperienza per i membri e trattamento preferenziale accordato ai membri. Lo studio è stato condotto negli Usa, su un campione di consumatori rappresentativo della popolazione. Sono stati coinvolti 590 partecipanti, membri di almeno un programma fedeltà in un settore tra grocery, retail specializzato e airline. Questo ha permesso di misurare eventuali differenze negli effetti oggetto dello studio tra i settori sopra indicati. Inoltre, si è tenuto conto della durata della membership, distinguendo tra i membri da meno o più di 6 anni. L’indagine è riuscita innanzitutto a confermare l’effetto positivo del loyalty program engagement sull’engagement con l’azienda. In tal senso, appare evidente il ruolo del programma fedeltà come stimolo che contribuisce in maniera più indiretta all’ingaggio attivo del cliente. Non solo, lo studio ne dimostra anche la potenzialità nel creare fedeltà, tanto rivolta verso sé stesso che verso l’azienda nel suo complesso. Un dato interessante emerge dall’analisi relativa alla durata della membership: solo per i clienti membri del programma fedeltà da più di 6 anni, il loyalty program engagement è in grado di creare sia fedeltà comportamentale sia attitudinale. Ciò conferma la validità degli orientamenti di crm e la necessità di investire in relazioni durature con i clienti.
Ma quali sono gli elementi che generano loyalty program engagement? In primo luogo, a livello complessivo, risulta maggiormente efficace il valore dei vantaggi economici offerti. Il secondo elemento più efficace è la percezione di ricevere un trattamento preferenziale, seguito dalla personalizzazione dell’esperienza e infine dal valore dei vantaggi esperienziali offerti. Per ogni settore sono però state identificate delle differenze, che possono essere utilizzate per migliorare l’efficacia dei programmi fedeltà (riportate nella tabella). Si evidenza innanzitutto che l’importanza del valore economico dei benefici è maggiore nell’ambito dei frequent flyer program che nel retail specializzato e, in ultimo, nel grocery. Il valore esperienziale dei benefici è invece maggiore per il retailer specializzato, seguito dai programmi per frequent flyer e dal grocery. Questo effetto è significativo per i membri che partecipano al programma da meno di 6 anni, ma non per chi vi partecipa da più tempo, cioè soltanto chi è membro da molto tempo riconosce e apprezza il valore dei benefici esperienziali. Possiamo attribuire questo risultato alla voglia di novità da parte dei membri da più di 6 anni, ormai abituati ai benefici strettamente economici e aperti anche allo sperimentare nuove tipologie di benefici (i cosiddetti vantaggi “soft”). La personalizzazione risulta contribuire maggiormente al loyalty program engagement nel settore grocery che nel retail specializzato (e ha un effetto addirittura negativo, che può portare a un minore ingaggio, nell’ambito frequent flyer). Si può ipotizzare che ciò sia dovuto in primo luogo alla natura del grocery retailing, dove consumatori molto eterogenei per necessità e preferenze sono posti di fronte a un’ampia varietà di vantaggi; una personalizzazione proattiva in termini di comunicazioni mirate e suggerimenti relativi al proprio programma fedeltà può pertanto rappresentare un’utile guida oltre che una dimostrazione di cura verso il cliente. Infine, il trattamento preferenziale diventa più impattante per i frequent flyer program e nel grocery rispetto al retail specializzato. I risultati dello studio qui presentato mettono in luce come i vantaggi offerti dal programma fedeltà siano particolarmente efficaci nel creare engagement del consumatore/membro, diretto sia verso il programma stesso sia verso l’azienda proponente. Attraverso l’identificazione di differenze legate al contesto settoriale, lo studio segnala inoltre come sia opportuno valutare accuratamente il contesto all’interno del quale si opera e le sue dinamiche. Vantaggi e benefici offerti possono avere infatti una diversa efficacia in settori diversi o all’interno di contesti diversi (si pensi per esempio a iniziative di fidelizzazione che hanno come obiettivo secondario quello di promuovere atteggiamenti e azioni sostenibili, pro sociali, salutistici nei propri clienti). Infine, lo studio conferma quanto sia fondamentale monitorare con costanza e attraverso metriche appropriate i comportamenti di engagement dei clienti al fine di apportare alla propria strategia eventuali interventi correttivi. Temi, questi, di cui parleremo approfonditamente, nel nostro convegno annuale che si terrà giovedì 10 ottobre a Parma (potete trovare maggiori informazioni su: www.osservatoriofedelta. unipr.it).