Definire la privacy è semplice: è il diritto a essere lasciati soli. Più nel dettaglio, significa avere la facoltà di scegliere d’isolare noi stessi o le informazioni su noi stessi, al fine di limitare l’influenza che gli altri possono avere sul nostro comportamento. Nell’era dell’informazione, la privacy è diventata la capacità di controllare il modo in cui i nostri dati vengono archiviati, modificati e scambiati tra le diverse parti. E con l’avvento delle tecniche avanzate di data mining, la questione è diventata un problema sociale, perché chi utilizza queste tecniche è in grado d’identificare, profilare e influenzare direttamente la vita delle persone senza il loro consenso. E con l’emergere di sistemi d’intelligenza artificiale sempre più sofisticati, i rischi connessi alle intrusioni, all’accesso abusivo nelle vite altrui sono sempre più concreti. Ciò che l’intelligenza artificiale rende semplice è la capacità di raccogliere, analizzare e combinare grandi quantità di dati provenienti da fonti diverse, aumentando così le capacità di utilizzo delle informazioni sugli utenti, grazie alle sue specifiche caratteristiche: velocità, scalarità e automazione. Queste caratteristiche consentono d’influenzare la privacy in diversi modi: usando dati provenienti da numerosi prodotti di consumo, dagli elettrodomestici intelligenti alle applicazioni informatiche; identificando, monitorando e localizzando le persone su più dispositivi, ovunque si trovino; avvalendosi del riconoscimento vocale e facciale, compromettendo gravemente l’anonimato nella sfera pubblica; deducendo e prevedendo il comportamento dei singoli soggetti grazie a sofisticati algoritmi di apprendimento automatico delle loro preferenze (finanche gli schemi di battitura a tastiera di una persona possono essere utilizzati per dedurre gli stati emotivi come nervosismo, sicurezza, tristezza e ansia); profilando le persone in specifiche categorie spesso senza alcun consenso da parte loro.
I rischi sono evidenti almeno quanto i vantaggi che risorse di questa portata offrono a chi gestisce i dati personali altrui. Se le tecnologie digitali, come l’intelligenza artificiale, hanno apportato sostanziali contributi in molti settori della nostra vita, d’altra parte possono ledere i diritti degli interessati ed essere fonti di violazioni anche non volute da parte delle imprese che le utilizzano. È quindi essenziale che le aziende, per cogliere i vantaggi di queste evoluzioni tecnologiche, le usino con consapevolezza, effettuando un’accurata analisi dei rischi e chiedendo alle istituzioni di adottare leggi semplici, efficaci, facilmente applicabili e condivise da tutti. In ogni caso per le imprese che useranno l’intelligenza artificiale diventa fondamentale mettere in atto misure tecniche e organizzative adeguate, volte ad attuare in modo efficace i principi di protezione dei dati e a integrare nel trattamento le necessarie garanzie per rispettare le regole di corretto trattamento dei dati personali. Quindi, anche l’uso dell’intelligenza artificiale per le imprese passa attraverso il rispetto delle norme del Gdpr sul trattamento dei dati.
Marco Maglio
Avvocato in Milano, nel 2001 ha fondato lo Studio Legale Maglio & Partnes che fin dalla sua costituzione fornisce assistenza legale specialistica a primarie aziende nazionali e a Gruppi multinazionali, ad Enti pubblici e ad Organizzazioni non profit nell’ambito della data protection, dell’adozione di modelli organizzativi e di codici etici, del diritto del marketing, della prevenzione delle pratiche commerciali scorrette nella comunicazione commerciale interattiva, nel commercio elettronico, nel telemarketing e nelle vendite dirette. Nel 2002 ha fondato Lucerna Iuris, network giuridico formato da legali di tutti i paesi dell’Unione Europea esperti di questioni di privacy, marketing e di comunicazione.