Dall’hard discount all’iper tutti i layout mettono in primo piano, subito all’ingresso, il “trionfo della freschezza” di frutta e verdura, che è offerta a libero servizio, forse fin troppo libero. La consapevolezza che questi alimenti dovrebbero sempre più far parte della nutrizione quotidiana si è ormai affermata, così come si è espansa enormemente l’ondata vegana e vegetariana, la richiesta di bio certificato e di ortofrutta arricchita e pronta per l’uso. Parliamo di alimenti che sono considerati fondamentali e vitali per il mantenimento della salute. Non meriterebbero dunque più assistenza e riguardo? La distribuzione moderna è riuscita a strutturare il rapporto fra addetto e cliente al banco carni, a quello del pesce e della gastronomia. Anche l’area enoteca, birra e liquori è stata molto ben caratterizzata ed è talvolta animata dalla presenza di esperti che illustrano e consigliano. Manca una soluzione per il reparto ortofrutta, molto asettico e igienizzato, ma totalmente privo di spunti di esperienza, dove persino i profumi della frutta non sono percepibili. Il confronto va immancabilmente al mercato ambulante dove il trionfo della freschezza è capace di costruire un’eccezionale esperienza sensoriale, mentre a quella relazionale e conoscitiva ci pensa il titolare del banco frutta e verdura. Stimare il grado zuccherino, valutare la maturità di un melone, spiegare perché una varietà di fragole costa più di un’altra anche se non appare veramente diversa, sono servizi che al mercato di strada il consumatore si aspetta, così come il poter contare su un assaggino, su una ricetta, sulla spesa portata a casa, ma anche ordinata al telefono. Valorizzare quel che si vende è opera ben praticata nel mercato ambulante e apprezzata da quasi 30 milioni di italiani, settimanalmente.
La gdo offre di più in termini di tipologie di prodotto, dalla I alla V gamma, ma tutto è trattato quasi come una commodity. Eppure il passaggio da prodotto anonimo a branded è stato lungo e ha richiesto ingenti investimenti in comunicazione e promozione, che continuano ancora. Dare un’identità a un prodotto ortofrutticolo, proporre nuove varietà, far conoscere anche il territorio dove ha origine è una strategia alla quale si lavora incessantemente da anni, soprattutto per quei prodotti tipici italiani che si possono fregiare dei marchi dop, igp, stg ecc.
Quel che manca al reparto ortofrutta della gdo è la spontaneità “rustica” che un prodotto della terra chiederebbe, va riprogettato il layout (perché mai all’ingresso del punto di vendita?) e la modalità espositiva che deve consentire un’esperienza sensoriale, di relazione umana, di conoscenza, di tentazione e desiderio. Le promozioni avrebbero un ruolo importante poiché insegnano divertendo. Potrebbero persino essere inclusive dei nuovi stili di vita etno, nonché portare l’attenzione sull’impatto ambientale facendo conoscere i prodotti che consumano meno suolo e meno acqua. Il sacchetto plasticoso è fuori luogo.
Il reparto ortofrutta nella gdo andrebbe valorizzato di più
Marilde Motta12/11/2019