Negli ultimi anni ci siamo interrogati spesso sullo stato di salute della loyalty, chiedendoci se fosse morta o se stesse semplicemente cambiando forma. Poi è arrivato il Covid-19, che ha stravolto la nostra quotidianità e la routine lavorativa, e ci siamo fermati a riflettere se le strategie messe in campo fino a quel momento fossero da ripensare. Abbiamo vissuto una vera e propria rivoluzione. Aziende e consumatori si sono mossi a occhi chiusi in un territorio inesplorato dove, da subito, è parso chiaro chi fosse la grande assente. Tutti parlano di loyalty ma pochi la fanno davvero. La loyalty non è una calcolatrice con la quale assegnare un punteggio a un cliente per regalargli padelle o buoni sconto.
La loyalty è una strategia, un percorso di avvicinamento tra marca e utente. Inizia con l’ingaggio, prosegue con l’on-boarding e si concretizza con tante attività periodiche che stimolano la relazione continuativa. È una coccola, che mette il cliente al centro e permette di studiare i suoi comportamenti per intercettarne gusti e preferenze, anticipando le sue necessità. Durante la pandemia molte aziende si sono rese conto di non avere un database rispondente e reattivo, di non conoscere i propri consumatori, se non per informazioni legate agli acquisti e all’età della relazione (ageing), di non avere un canale preferenziale per dialogare con loro in modo personalizzato. La pandemia ci ha messi davanti a un’evidenza: i vostri clienti esistono anche quando non possono comprare i vostri prodotti e servizi, o quando non possono sceglierli, perché magari sono out-of-stock o momentaneamente non disponibili. Ma i vostri clienti esistono e possono scegliere il prodotto di un competitor, e magari preferirlo al vostro. E questo diventa particolarmente vero se non li conoscete e non avete nulla di meglio da dirgli, oltre al solito “Compra ora!” o “Scegli noi!”. Il Covid-19 ci ha insegnato a non dare nulla per scontato: nel marketing come nei rapporti interpersonali è necessario costruire relazioni stabili nel tempo, in modo da poterne fare tesoro nei momenti di difficoltà. Ecco quindi tre punti chiave, che dovranno guidare le strategie di tutti noi, da oggi in avanti: primo, l’analisi comportamentale non è più un’opzione, le strategie devono tenere in considerazione tutti i comportamenti dei consumatori e la relazione deve andare oltre al semplice atto di acquisto; secondo, i dati sono fondamentali e la tecnologia a supporto della loyalty è necessaria per permettere di identificare cluster dinamici di utenti ai quali inviare comunicazioni mirate, per guidarne il comportamento a supporto del roi; terzo, è necessario restituire valore al cliente e al territorio: che la loyalty sia mutuale è ormai sotto gli occhi di tutti. La fedeltà richiesta ai consumatori deve essere corrisposta con la restituzione di opportunità personalizzate che tengano conto delle loro preferenze e dei trend sociali. Un’occasione negativa ci ha costretti a interrogarci davvero su cosa potesse essere migliorato. Adesso che abbiamo definito le linee guida, è il momento di metterle in pratica!
Trarre spunto da momenti di crisi per rafforzare il modello di loyalty
Fulvio Furbatto10/07/2020