Una, Aziende della Comunicazione Unite, ha presentato uno studio elaborato dal suo Centro Studi cha ha evidenziato i trend del 2022 che impatteranno sul mondo della comunicazione. Un’analisi che ha permesso di identificare 7 macro tendenze – partendo dall’impatto generato dalla pandemia sui comportamenti delle persone – che andranno a coinvolgere l’intero comparto della comunicazione commerciale.
Marianna Ghirlanda, presidente del Centro Studi Una ha così commentato: “Mai come in questi ultimi due anni il cambiamento è stato all’ordine del giorno. La pandemia ha avuto un impatto senza precedenti e continua incessantemente a cambiare i paradigmi del vivere quotidiano. Il mondo della comunicazione e i brand non possono che analizzare tale fenomeno e farlo proprio, interiorizzarlo, per tradurlo in campagne di comunicazione efficaci, in linea con i tempi e con i nuovi e valori e bisogno del consumatore moderno”.
Tra le macro tendenze si evidenzia come i consumatori stiano ricalibrando il proprio stile di vita: da un lato la richiesta che più della metà dei nuovi servizi dell’era pandemica diventino la nuova normalità, dall’altro la spinta ad osare un cambiamento significativo del proprio stile di vita prendendo maggiore controllo delle proprie scelte e azioni. Questo si traduce in un investimento sempre maggiore nella qualità della casa e nel tempo che vi si trascorre; in una maggiore attenzione al proprio impatto sociale attraverso le scelte di consumo e in una crescente preoccupazione per la propria salute fisica e mentale, cui i brand possono rispondere offrendo semplificazione e comunicando positivamente. Il desiderio di sentirsi più in controllo da parte delle persone a seguito della prolungata situazione di incertezza e dell’imperante confusione informativa chiama i brand ad una risposta caratterizzata da maggior chiarezza e trasparenza, un aiuto per trovare velocemente le informazioni necessarie a prendere decisioni ponderate e per poter misurare l’efficacia di un prodotto rispetto a quanto promette.
Il ruolo della propria comunità locale come ingrediente di resilienza personale, il senso di appartenenza e la crescente fiducia delle persone nei leader locali rispetto ai ceo o ai politici hanno conosciuto un’accelerazione con la pandemia. Una consapevolezza crescente in questi termini che spinge tutte quelle attività che danno modo alle persone di partecipare al miglioramento della propria realtà locale, sostenendo business e relazioni. Un atteggiamento che online si traduce in una predilezione da parte dei consumatori per i negozi diretti e non intermediati e per una scelta crescente a favore della verticalità, rispetto ai generalisti.
Le connessioni umane, fisiche o digitali, risultano centrali. La privazione forzata dei contatti umani in tempo di pandemia sta già provocando un cambio di rotta: le human connection sono la necessità primaria delle persone che i brand possono intercettare offrendo nuove opportunità per favorire tanto l’interazione fisica quanto il contatto altrimenti impossibile nel metaverso, sfruttando la tecnologia. Piattaforme come Roblox e Fortnite sono diventate nuove frontiere sociali per le persone in modo trasversale alle generazioni: non solo videogiochi, ma spazi da abitare con gli amici e in cui venire in contatto con i brand sfruttando un’esperienza totalmente immersiva. E se creare nuovi spazi virtuali da zero non è propriamente economico, le possibilità includono collaborazioni, digital merchandising, nft ecc.
L’esperienza di acquisto si fa diffusa. Con la pandemia, i brand sono stati costretti ad accelerare le loro trasformazioni commerciali per poter dialogare efficacemente con i clienti relegati ad un comportamento esclusivamente digitale: dai canali proprietari ai marketplace fino alle piattaforme social. Per essere competitive, le aziende daranno la priorità̀ alla customer experience del commercio omnichannel e i cmo dovranno assicurarsi che il brand assicuri una interconnessione dell’esperienza di acquisto, indipendentemente da dove questa avvenga.
La sostenibilità non è più una tendenza, è diventata mainstream. Ciò che cambia è il tenore delle aspettative da parte delle persone nei confronti dei brand: sempre più critici ed esigenti, i consumatori chiederanno di poter partecipare in modo fattivo alle iniziative della marca per potere – attraverso un contributo diretto – essere loro a compensare il proprio impatto. Per un maggior benessere, anche mentale.
Anche il “purpose” non è più un’opzione. Se già molte aziende hanno fatto sentire la propria voce e si sono schierate su temi controversi, le persone ora chiedono ora di vedere progressi misurabili sui grandi obiettivi che le marche si sono date.
La digital privacy gioca un ruolo cruciale nella costruzione della fiducia in un brand e può rappresentare un’opportunità dal punto di vista comunicativo. Come in una relazione personale, gli individui sono più ingaggiati e propensi a spendere il proprio tempo e le proprie informazioni con chi ritengono più responsabile ed eticamente corretto. Cade il velo della gratuità: come conciliare il desiderio di informazioni e servizi apparentemente gratuiti con la crescente consapevolezza di mettersi alla mercé del grande fratello? Sempre più consapevoli di questa meccanica “do ut des” che espone la propria privacy, le persone diventeranno sempre più attente ed esigenti nei confronti del gratuito-al-prezzo-dei-propri-dati.