Il luogo fisico, dove sono esposte le merci secondo il più sofisticato planogramma, o in un’altrettanto studiata casualità da bazar, i discount, le latterie, le farmacie, le librerie, insomma tutti questi spazi sono di vendita o di acquisto? La differenza non è di poco conto. Anzi, ci segnala l’approccio che gli studi (e le soluzioni a essi sottese) hanno riservato a questi due modi di intendere lo scambio di merce per denaro.
Per gli americani è soprattutto point of purchase e sugli atti di acquisto si sono sviluppati diversi filoni dottrinali di cui molti incentrati sulla figura del purchaser (diventato anche shopper, customer ecc.) e sul suo behaviour (frequency, recency ecc.), sulle motivazioni. In Italia, lo definiamo punto di vendita quasi a riservare preponderante attenzione a chi produce le merci e a chi le vende in una sorta di spazio “di convergenza”, dove trovano collocazione referenze afferenti a molte e diversificate categorie, formati, scale prezzi, ma anche soluzioni pop, creatività, relazioni umane, servizi e tutto quel che serve per un sell out soddisfacente (a valore e a volume). Curiosamente il point of purchase degli americani, nonostante un’apparente concentrazione d’interesse su chi “compie gli acquisti”, offre invece principalmente risparmiose operazioni di prezzo, mentre il punto di vendita in Italia circonda il cliente con una profusione di iniziative promozionali dell’industria di marca tanto quanto di schemi di loyalty del distributore. Tutte azioni finalizzate a gratificarlo con un extra gain.
Naturalmente ci sono anche le operazioni di prezzo, ma queste sono in aggiunta. La progressiva crescita dell’ecommerce basata su flussi, dove si naviga per sezioni, si fa scrolling e si cerca con parole chiave, si paga online, si riceve a casa la spesa o si sceglie di andarla a ritirare in un locker, è stata prima osteggiata e poi integrata così da creare soluzioni omnichannel. Tuttavia, anche quando l’integrazione è riuscita si continua a sottolineare che gli acquisti nel luogo fisico offrono esperienze superiori. Certamente l’esperienza personale e diretta è un’arma molto potente quando è declinata in scenografie e percorsi sensoriali, formule d’interazione con il personale, servizi pensati per gratificare, far sentire curato e ascoltato il cliente. Appunto una vera macchina per vendere che include la conoscenza delle persone e la decisione di voler piacere, di farsi preferire. Poi la pandemia ha rimesso tutto in gioco, così l’immateriale e sterilizzato ecommerce è diventata la modalità scelta, per necessità, per far giungere a casa le merci.
Quel che possiamo constatare è che in Italia il punto di acquisto e di vendita si sono fusi perfettamente grazie alle promozioni, ai giochi, agli schemi di fidelizzazione che, da un lato, offrono la conoscenza approfondita dei clienti e dall’altro intrattengono, trattengono e gratificano via omnichannel e con una quantità di touchpoint che consentono anche il dialogo.
Andrea Demodena
Dopo la frequenza di Economia e commercio in Cattolica, si iscrive a Lettere Moderne, presso l’Università Statale di Milano, laureandosi a pieni voti con una tesi in storia dell’arte contemporanea. Come giornalista ha collaborato con Juliet, Art Show, Tecniche Nuove, Condé Nast, Il Secolo XIX, Il Sole 24Ore. Dal 2000 si occupa di marketing e promozioni. Dal 2014 è direttore di Promotion.