Dopo due difficili anni di pandemia la maggior parte delle persone sta cercando nuovi stimoli per sentirsi più spensierata. E ciò vale anche nel rapporto tra brand e consumatori, che tendono a preferire quei marchi che offrono un’experience “spensierata” e che li coinvolgono all’insegna, in particolare, del buonumore.
È quanto emerge da“The happiness report”, una ricerca di Oracle Advertising and Customer Experience che è stata condotta (da Savanta) coinvolgendo più di 12.000 consumatori e responsabili aziendali in 14 paesi per analizzare il livello di fidelizzazione tra consumatori e brand dal punto di vista del “sorriso”, ovvero del desiderio di vivere una relazione con i marchi che faccia sentire più felici.
Per quanto riguarda l’Italia, lo studio rileva in particolare che il 49% degli interpellati dice di non provare una vera felicità da oltre due anni, e che il 92% è alla ricerca di nuove esperienze che facciano ridere e sorridere.
Per l’83% i brand, in particolare, potrebbero fare di più per rendere felici i propri clienti: se un brand usasse lo humour sarebbe più probabile che comprasse nuovamente i suoi prodotti (79%), raccomandasse il brand ad amici e parenti (79%), lo preferisse ai concorrenti (73%) e spendesse perfino di più per acquistare i suoi prodotti (56%).
I responsabili aziendali interpellati nella ricerca (91%) ammettono però che i loro brand sono ancora restii a utilizzare lo humour nelle interazioni con i clienti, e dichiarano che appena il 17% degli spot offline e il 13% delle pubblicità online dei propri prodotti usano di proposito toni divertenti.
Se il 91% dei consumatori pensa che sia più probabile acquistare qualcosa da un venditore che sappia essere divertente, solo il 9% dei manager ha dichiarato che lo humour viene usato nelle interazioni di vendita.
La stessa contrapposizione tra aspettative dei consumatori/clienti e realtà rilevata dai manager è presente nell’ambito dei social media – il 77% dei consumatori seguirebbe un brand divertente sui canali social ma solo nel 10% dei casi i manager hanno detto che il loro brand usa lo humour sui social – e dell’email marketing: un oggetto mail divertente farebbe aprire il messaggio inviato da un brand al 71% degli intervistati, ma solo il 20% delle aziende usa toni divertenti in quest’attività.
Il 63% apprezzerebbe che perfino i chatbot e gli assistenti digitali avessero un po’ di senso dell’umorismo, ma solo nel 27% dei casi i brand introducono questo elemento nei bot.
Tra i motivi principali di tale reticenza nel servirsi dello humour nello strutturare relazioni più coinvolgenti vi è la mancata disponibilità di dati, informazioni, strumenti per usare l’umorismo con successo: l’85% dei manager lamenta questa carenza; il 55% poi si sentirebbe più tranquillo a usare toni divertenti con i clienti se disponesse di maggiori dati riguardanti le loro caratteristiche e preferenze (55%) e se avesse accesso a tecnologie evolute come l’intelligenza artificiale (32%).
“La customer experience continua a evolversi – ha dichiarato Rob Tarkoff, executive vice president e general manager di Oracle Advertising and Customer Experience – ma alla fine tutto dipende da un’unica cosa: rendere felici i clienti. Nel perseguire la felicità per i clienti entrano in gioco molti fattori diversi e in questa ricerca abbiamo deciso di analizzare proprio l’umorismo, perché risulta uno dei più interessanti. Come dimostrano i risultati, la maggior parte dei manager aziendali vorrebbe farli sorridere o ridere di più, perché si rende conto che ciò è fondamentale per stabilire un vero rapporto. Per avere successo in questo, i marchi devono mettere i dati al centro della propria strategia di customer experience”.