Forte adesione, scontrino medio più alto, incremento della brand reputation. In dieci anni le iniziative promozionali a sostegno delle scuole hanno fatto breccia tra i clienti, che mostrano di apprezzare l’impegno delle insegne in campo sociale. Lo confermano i dati raccolti in una ricerca che ha coinvolto Conad, Coop ed Esselunga.
Il settore delle promozioni ha elaborato soluzioni sempre più attente a cogliere i cambiamenti della società e le strategie del sistema industriale e distributivo. Una prima svolta, almeno in Italia, la possiamo collocare negli anni ’80 quando il sistema di premi è passato dall’“io al noi”, ovvero da una ricompensa destinata a motivare le scelte di consumo per sé o al massimo per la propria famiglia a una ricompensa inclusiva in cui il cliente diventa tramite, talvolta vero e proprio soggetto attivo, di soluzioni che portano benefici a enti e istituzioni per aiutarli nella loro mission. Fino ai primi anni del 2000, a beneficiare del sistema di reward sono state soprattutto associazioni ambientaliste ed enti charity dedicati ai bambini o a sostegno di cause contro la povertà. La seconda svolta è avvenuta nell’ultimo decennio, quando la cultura del corporate social responsibility si è diffusa.
46% la media delle famiglie clienti di Conad, Coop ed Esselunga che raccoglie bollini per aiutare le scuole
Molte aziende, non necessariamente di grandi dimensioni, hanno ridefinito il proprio scopo, talune lo hanno creato ex novo poiché non lo avevano mai pensato in modo consapevole e hanno così indirizzato il proprio ruolo e impatto sulla società. Le aziende si sono date degli obiettivi sociali al di là della buona gestione delle proprie risorse umane e al di là del servire clienti con buoni prodotti: hanno iniziato a pensare in termini di comunità, di obiettivi sociali estesi, di business responsabile e di comportamento empatico con la collettività, di rispetto per valori e istanze emergenti. Una società che non ha quindi bisogno d’essere rifornita solo di prodotti sempre migliori e sempre più a portata di mano, o di click, ma una società che pensa, che sente, che ha preoccupazioni e interessi che ormai vengono espressi con un “noi” comunitario. Così, gradatamente, tutto il sistema di reward dell’industria di marca e della grande distribuzione, come di altre industry, ha cambiato prospettiva.
Persone, community, benefit, purpose sono diventati termini ricorrenti per definire progetti promozionali incentrati su un sistema di premi destinato alle scuole, ai centri sportivi, ai musei, per sostenere l’educazione, la cultura, per supportare temi quali la sostenibilità ambientale, la sana e corretta alimentazione ecc. Un ruolo trainante nella diffusione di una cultura attenta ai temi sociali e collettivi lo hanno senza dubbio avuto le iniziative create dalla gdo per sostenere le scuole, che hanno raccolto nel tempo numeri da record e un elevato apprezzamento da parte delle famiglie italiane.
La responsabilità sociale è il primo motivo di partecipazione per oltre la metà dei “raccoglisti”
È quanto è emerso nel corso del convegno “Community shopping. Retail, responsabilità sociale e sostegno alla scuola” (titolo dell’omonimo libro curato da Pier Cesare Rivoltella per Morcelliana Scholé) organizzato lo scorso 31 maggio dall’agenzia di loyalty Tcc e Cremit (Centro di ricerca sull’educazione ai media, all’innovazione e alla tecnologia dell’Università Cattolica di Milano) che ha condotto un’indagine qualitativa e quantitativa, con il contributo di Gfk Italia, circa l’efficacia e il gradimento delle campagne tra i clienti di Conad, Coop ed Esselunga. Un primo dato che emerge dalla ricerca è il forte impatto economico sulla società che le iniziative messe in campo dalle tre insegne hanno avuto nel corso degli ultimi dieci anni.
+12% l’aumento della spesa media registrato nelle settimane della campagna community
“Dal 2012 a oggi – ha ricordato Bruno Figliuzzi, direttore generale di Tcc – grazie al contributo delle famiglie, le tre insegne prese in considerazione dallo studio hanno donato oltre 160 milioni di euro a più di 40.000 scuole italiane. Hanno creato valore”. Entrando nel dettaglio dei dati raccolti si evidenzia come, in generale, questa tipologia di campagne coinvolga famiglie con un livello socio-economico più elevato rispetto a quello caratteristico dei clienti dei retailer e con una maggior presenza di figli in età scolare (da 6 a 17 anni), risultando più concentrate nei nuclei numerosi (più di 3 componenti familiari). Tra le famiglie che hanno fatto la spesa almeno una volta nel periodo promozionale presso i punti di vendita di Conad, Coop o Esselunga, il 62% ha dichiarato di conoscere le iniziative, il 46% di raccogliere almeno un buono durante il periodo di attività, e il 43% di partecipare attivamente, destinando i buoni alla scuola da loro scelta. Una percentuale, quest’ultima, che arriva al 95% tra le famiglie che sono solite raccogliere bollini.
Tra le motivazioni che spingono a partecipare spicca l’intenzione di voler aiutare le scuole (55%), con un interessante 17% che dichiara di aver partecipato perché richiesto da amici o conoscenti, a dimostrazione della capacità delle campagne con finalità sociali di creare advocacy. Il “community shopping” produce importanti effetti anche sulla reputazione e sulle performance delle insegne coinvolte. Per un terzo dei clienti a conoscenza delle iniziative, infatti, la propria opinione rispetto all’insegna scelta per fare la spesa è migliorata. “Per i nostri stakeholder e i nostri clienti – conferma nel corso della presentazione della ricerca Giuseppe Zuliani, responsabile customer marketing e comunicazione di Conad – la conoscenza di queste iniziative migliora significativamente la loro opinione rispetto all’insegna Conad. L’attenzione alla creazione di valore sociale è strategica: l’impresa è comunità e la comunità la fanno le persone. Il nostro claim ‘persone oltre le cose’ è l’espressione di questa visione”.
Un impegno a favore della collettività che per Coop ha radici lontane. “La csr – ha spiegato Carmela Favarulo, responsabile attività di educazione al consumo consapevole Ancc-Coop – è parte della nostra identità e il legame tra le cooperative e il mondo dell’istruzione risale agli anni ’80, toccando temi inizialmente più legati all’alimentazione e all’ambiente e poi all’educazione ai diritti e alla cittadinanza, in linea con le strategie di Coop in termini di politiche ambientali e sociali”. Anche per l’azienda fondata da Caprotti, come spiega Roberto Selva, chief marketing and customer officer di Esselunga, coinvolgere le famiglie in un progetto dalla forte valenza sociale fa parte del senso di essere un’impresa radicata nel territorio (si veda a tal proposito l’articolo di Giovanni Merante).
Ma i community program non hanno un ritorno solo di immagine. Secondo l’indagine Cremit/Gfk Italia durante il periodo delle campagne a favore delle scuole delle tre insegne è stato registrato un andamento positivo, con incrementi che riguardano il valore della spesa (+24%), il numero di shopper (+11%) e la spesa media (+12%). A questo va aggiunto che più della metà del fatturato del periodo promozionale (56%) è imputabile alle famiglie che partecipano alla campagna. Ma c’è di più: rispetto a chi non partecipa alla raccolta, le famiglie partecipanti hanno mostrato prestazioni molto più alte in quanto a numero di scontrini (+49%), valore dello scontrino medio (+35%) e fedeltà all’insegna (+84%).
“Resta ora da monitorare come le aziende del retail continueranno a concepire la propria mission in funzione della comunità – ha chiosato Pier Cesare Rivoltella, direttore del Cremit – nella prospettiva della creazione di valore per il territorio, collegandosi alla grande tradizione educativa di capitani d’industria italiani mossi da una profonda consapevolezza e sensibilità pedagogica”.
Di certo, la strada imboccata dalla gdo (ma anche dall’industria) segna una stagione irreversibile che sottolinea il ruolo delle promozioni come soluzione unica per nutrire la relazione con le persone, per promuovere i valori delle marche e il purpose della distribuzione. L’interesse per il mondo dei bambini e degli adolescenti consente alle aziende di guardare ad altri soggetti oltre il nucleo familiare. Se l’ambito scolastico è ben rappresentato da molte iniziative pluriennali e quello dello sport sta emergendo, altri temi potrebbero diventare centrali, come la salute e l’educazione ambientale.
In tema di salute c’è molto da fare per insegnare una corretta alimentazione, per prevenire l’anoressia e la bulimia, patologie che sono diffuse in modo preoccupante soprattutto fra gli adolescenti. La salute mentale coinvolge molte tipologie di disagio giovanile che richiedono investimenti in prevenzione e in educazione. Anche in questo caso le campagne promozionali potrebbero aiutare a veicolare informazioni corrette e a stabilire punti di ascolto nelle scuole. Un numero che può servire a orientare la scelta dei progetti di csr: in Italia ci sono circa 2 milioni di ragazze e ragazzi in trattamento sanitario per i disturbi dell’alimentazione. Troppi di questi casi si concludono in modo infausto oppure con problemi che si trascinano per anni e compromettono la salute. Bullismo e disordini alimentari sono temi che genitori e insegnati si trovano ad affrontare con poca preparazione e spesso si arriva a una diagnosi troppo tardiva. Per le aziende che hanno a cuore una vera politica di responsabilità sociale, questo è il momento di fare progetti utili, di lanciare iniziative che portino a risultati concreti di prevenzione e di aiuto alle famiglie.
Andrea Demodena
Dopo la frequenza di Economia e commercio in Cattolica, si iscrive a Lettere Moderne, presso l’Università Statale di Milano, laureandosi a pieni voti con una tesi in storia dell’arte contemporanea. Come giornalista ha collaborato con Juliet, Art Show, Tecniche Nuove, Condé Nast, Il Secolo XIX, Il Sole 24Ore. Dal 2000 si occupa di marketing e promozioni. Dal 2014 è direttore di Promotion.