In Italia, il settore horeca ha notevoli dimensioni: vi sono circa 218.000 esercizi ricettivi (dall’hotel 5 stelle al camping, dal b&b ai rifugi di montagna e molto altro) e sono attivi circa 335.000 pubblici esercizi (bar, pub, ristoranti, ma anche nuove formule come le dark kitchen con servizio delivery, rivendite di kebab, gelaterie e via elencando). Per il catering (altro settore che conta diverse specializzazioni: dalle mense scolastiche ai ricevimenti di nozze) i dati sono ottenibili da Federcatering e dall’Associazione Nazionale Banquetting e Catering. Per avere un quadro complessivo sono disponibili le ricerche dell’Osservatorio Fipe nonché di Federalberghi.
In pratica, quello che emerge è appunto un settore vasto e molto variegato (per tipologia di attività), disomogeneo (per la compresenza di catene nazionali e internazionali e singoli proprietari che rispecchiano fatturati, numero di dipendenti, offerta e dimensioni immensamente distanti fra loro); ma anche i bacini di utenza e la tipologia di clientela sono diametralmente opposti. Alla fine del 1800, promozioni e loyalty sono state inventate per le allora nascenti forme di largo consumo e di distribuzione moderna e poi si sono adattate nel tempo al settore dei servizi (vettori aerei, banche, telecomunicazioni) e più recentemente alle public utility (forniture di gas, luce ecc.).
Per flessibilità d’impiego, varietà di meccaniche e di soluzioni on/offline qualunque forma di promozione può ancora una volta essere adattata e reinventata, così come per i programmi loyalty possono essere trovate formule da modellare sulle esigenze degli operatori del settore horeca. Tuttavia se si eccettuano le catene ricettive e poche altre tipologie di locali pubblici (in genere di medio-grandi dimensioni, spesso caratterizzati da formule di franchising), che da tempo svolgono attività promozionali e di fidelizzazione della clientela, per il resto ci troviamo quasi all’anno zero. Migliorare la redditività di ogni singolo locale pubblico, soprattutto dopo due anni di pandemia che hanno pesantemente compromesso le entrate, è una priorità per i loro titolari, ma anche per la filiera che li rifornisce (talvolta sono le stesse aziende che servono la gdo e perfino alcune referenze sono le stesse che si ritrovano anche a scaffale).
Ci si deve scontrare con vincoli come la mancanza di analytics e insight sui clienti, così da poter meglio mirare le soluzioni senza dispersione di investimenti, la densità dei locali e la loro identità pressoché indifferenziata, lo smart working che da necessità temporanea è diventato una costante: ci sono diversi vincoli che andrebbero esaminati poiché alcuni sono esterni e fuori dal controllo del proprietario del locale, altri sono invece gestibili e potrebbero portare a un miglioramento concreto della redditività.
Andrea Demodena
Dopo la frequenza di Economia e commercio in Cattolica, si iscrive a Lettere Moderne, presso l’Università Statale di Milano, laureandosi a pieni voti con una tesi in storia dell’arte contemporanea. Come giornalista ha collaborato con Juliet, Art Show, Tecniche Nuove, Condé Nast, Il Secolo XIX, Il Sole 24Ore. Dal 2000 si occupa di marketing e promozioni. Dal 2014 è direttore di Promotion.