Come stanno stanno interpretando, vivendo e implementando la democratizzazione dei dati le aziende italiane? Per rispondere a questa domanda Ikn Italy, in collaborazione con Denodo, ha realizzato “Data management survey”, un sondaggio (scaricabile a questo link) rivolto ad aziende in tutti i settori di mercato, sia privati sia pubblici.
L’enorme quantità di dati, la loro eterogeneità e la velocità con la quale sono prodotti rappresentano infatti un patrimonio informativo prezioso, e la democratizzazione dei dati – il fatto cioè che essi siano resi disponibili a chi ne abbia bisogno all’interno dell’organizzazione aziendale – è un tema molto importante per il 43% dei rispondenti, seguito da un 32% che lo ritiene comunque degno di interesse.
Rispetto ai vantaggi principali legati alla democratizzazione dei dati, al primo posto vi è la “facilità d’uso”, che con un 63% raggruppa chi vede nella democratizzazione una riduzione del tempo e dello sforzo nell’usare i dati e chi un aumento della propria autonomia, riducendo di conseguenza quella dall’it o, in generale, dalle strutture che gestiscono i dati dal punto di vista tecnico.
Relativamente all’organizzazione della gestione del patrimonio informativo all’interno dell’azienda, la prevalenza, con il 36%, è quella di un’organizzazione che prevede un team centralizzato per la gestione dei dati, collocato all’interno dell’it, mentre nel 18% dei casi tale team è ospitato nella struttura del chief data officer e, infine e per la stessa percentuale, collocato in altra struttura, probabilmente a diretto riporto del ceo.
Un uso dei dati democratico è reso possibile anche dalla scelta del corretto impianto tecnologico. Rispetto alle tecnologie che verranno implementate nel prossimo futuro, l’intelligenza artificiale, della quale il machine learning ne è una branca, è stata selezionata dal 21%, ma se unita alla percentuale riservata al machine learning, porta a un 35% di rispondenti che utilizzano una di queste due tecniche come parte integrante nell’uso e consumo dei dati.